30 ottobre 2013

"Il disertore" di Giuseppe Dessì: un insolubile dilemma di coscienza

A Cuadu, piccolo centro dell’Iglesiente, nei giorni convulsi del Fascismo nascente, una donna che ha perduto entrambi i figli nella Grande Guerra dona tutti i suoi risparmi al comitato che si occupa dell’erezione di un monumento ai caduti. Il fatto è eclatante per due ragioni: innanzitutto perché Mariangela Eca, donna umile e povera, ha donato più dei ricchi possidenti del paese, i cosiddetti “prinzipales”; in secondo luogo perché è sempre stata lontana dalle celebrazioni patriottiche e dai clamori della “vittoria mutilata”, sempre chiusa in un silenzio impenetrabile. La ragione di tale eclatante gesto consiste nel fatto che uno dei suoi figli, Saverio, è in realtà un disertore, fuggito dalle trincee e venuto a morire nei boschi della Baddimanna, a casa. Nessuno, a parte la madre e il sacerdote Coi, è a conoscenza di questo evento. La sconsolata Mariangela, che per amore del figlio non vuole che gli altri vengano a conoscenza della diserzione, desidera con tutte le sue forze la costruzione del monumento, perché è convinta che una volta che i nomi dei figli saranno impressi sul marmo, verrà finalmente calata una pietra tombale sulla vicenda bellica e sulla sue celebrazioni. La pietra è silenzio, addirittura strumento di redenzione per Saverio, la cui triste vicenda nessuno verrà mai a sapere.
Mariangela non ha voce, si esprime solo con i gesti e con un silenzio carico di significato. È il dolore ad averla resa muta e indifferente al resto. Le sue azioni sono guidate dall’ancestrale sentimento della pietas materna, che la porta a perdonare il figlio che ha sbagliato, anzi ad amarlo di più. L’altro grande personaggio del romanzo è invece padre Coi, l’unico ad essere venuto a conoscenza della verità, sia pure nel segreto della confessione. Egli vive un terribile conflitto interiore, che contrappone il dovere di sacerdote e, prima di tutto, di cittadino, con gli obblighi morali imposti dalla pietà e dall’umana compassione.
A quest’opera è stata mossa una critica da parte di chi ha sottolineato che Dessì avrebbe curato poco il contesto ambientale e storico in cui si muovono i due personaggi principali, riducendolo a mero contorno. In verità, credo che l’autore abbia volutamente costruito la sua opera ponendo maggiore attenzione alla dimensione intima e alla vicenda tragica ma minima di Mariangela e padre Coi, accennando solamente alla contingenza storica, al nascente Fascismo, alle lotte sindacali dei minatori, ai conflitti tra “prinzipales” e socialisti. Il disertore, dunque, è il racconto di una questione privata (per usare il titolo di un celebre romanzo di Fenoglio), una storia umana di pietà e redenzione e un insolvibile dramma di coscienza.

[ Questa mia recensione è apparsa anche su Sololibri.net ]

6 ottobre 2013

"Signora Ava" di Francesco Jovine: alle radici della Questione meridionale

La signora Ava è una ancestrale figura del folclore molisano: per indicare un’era antichissima, in cui fantasia e realtà, magia e razionalità si confondevano, si parlava appunto del “tempo della signora Ava”. Jovine scrive questo romanzo rielaborando le figure, i personaggi e le vicende che popolavano i racconti che da piccolo ascoltava intorno al fuoco, specie nel corso delle lunghe veglie invernali. Per tale ragione l’opera è dedicata alla memoria del padre, “ingenuo rapsodo di questo mondo defunto”.
Il romanzo narra la drammatica vicenda della “conquista del Sud” (per usare un’espressione coniata da Carlo Alianello) dal punto di vista dei contadini del Molise. Le due parti che lo compongono sono differenti per tematiche e stile. Nella prima l’autore molisano, che racconta la vita quotidiana di Guardialfiera alla vigilia degli eventi risorgimentali, usa un tono ironico, quasi bonario e divertito; specialmente si concentra sull’eterna lotta tra “cafoni” e “galantuomini”, ovvero tra i contadini e i nobili proprietari terrieri. La seconda parte si apre con la notizia della guerra; in breve il ritmo della narrazione diviene più concitato e il tono drammatico prende il sopravvento. L’Unità non cambia nulla: i galantuomini si inginocchiano di fronte al nuovo Re, così come facevano con il vecchio, e i contadini si vedono sempre più oppressi, umiliati e disillusi. Per molti l’unica strada percorribile sarà quella della macchia, della guerra contro i nuovi e i vecchi oppressori, accomunati dalla stessa sete di denaro, potere e privilegi.
Signora Ava è in un certo senso l’epopea delle masse contadine meridionali, un grandissimo romanzo, imprescindibile punto di partenza per la comprensione della "Questione meridionale".   
Copertina di una vecchia edizione Einaudi Scuola