12 gennaio 2017

I Napoli Centrale cantano 'o sanghe degli ultimi

Gli anni passano, ma James non delude mai: ha deciso di stare con chi soffre e lo dice già nella prima traccia di questo meraviglioso ultimo album (2016, etichetta AlaBianca). ‘O sanghe è quello dei poveri, degli ultimi, degli emarginati, di coloro che vengono quotidianamente schiacciati da un sistema violento, da un potere che “non dà una carezza, non sa cos’è la gentilezza”. E se negli anni Settanta i protagonisti delle canzoni dei Napoli Centrale erano i braccianti meridionali, oggi il messaggio è universale perché la sofferenza dei popoli è globale. La denuncia delle ingiustizie del mondo è dunque il tema portante del disco, ma con una significativa novità. La rabbia è sempre la stessa, gagliarda e per nulla ammansita; rispetto al passato, però, non è più urlata, ma convertita in invocazione e preghiera. In questo senso il disco ha una componente religiosa non secondaria, sia pure filtrata attraverso una visione personale e non clericale; nella title-track, ad esempio, Senese rivolge la sua preghiera direttamente a Dio, chiedendogli di porre fine alle guerre che insanguinano il pianeta colpendo sempre i più deboli. Se dunque nei precedenti dischi predominava, sia pure in senso figurato, l’imprecazione, O’ sanghe è invece un atto di devozione.
Ritratto in forme tribali in copertina, Senese è sempre più il deus ex machina della longeva formazione, oggi composta da Gigi De Rienzo al basso, Ernesto Vitolo alle tastiere e Fredy Malfi alle pelli. Va poi segnalato il gradito ritorno dello storico co-fondatore del gruppo, il batterista Franco Del Prete, che ha suonato in qualche brano e collaborato ai testi. Il sax di Senese segna la strada maestra, accarezza l’ascoltatore con piacevoli melodie e lo graffia con acuti lancinanti che racchiudono tutta l’angoscia del creato. Il resto della band gli viene dietro egregiamente, costruendo un tappeto ritmico su cui si staglia la calda voce del leader. Il risultato è una cifra stilistica unica, non riconducibile ad un solo genere, che fonde il folk, la world music, il jazz, il funk e il rock.
Apre le danze il groove della struggente Bon voyage, dedicata agli emigranti di ogni razza e religione. Senese canta di una terra ingrata, che costringe a partire anche chi vorrebbe tanto rimanere, di persone che attraversano il mare piene di speranze e vedono miseramente naufragare il sogno di migliorare la propria esistenza. Si raggiungono alti livelli con la quarta traccia, Il mondo cambierà, un canto di speranza retto da un basso trascinante e un testo immediato che si manda subito a memoria. I ricordi di vita vissuta di Mille poesie, poi, sono uno dei momenti più felici del disco. Sostenuto da una incisiva chitarra funk, il brano è un’autobiografia in versi di James, un uomo che sa bene “quant’è amaro il pane”, ma che nonostante tutto il dolore vissuto è ancora in grado di emozionarsi di fronte ad un cielo stellato. Ma soprattutto, è una dichiarazione d’amore verso la musica, palliativo di ogni dolore umano, ragione di vita a cui James deve non solo il successo, ma la forma stessa del proprio essere. Di grande impatto Povero munno, con una base strumentale funky cadenzata e incalzante. Davvero ispirato il testo, in cui Senese riesce a parlare di senzatetto, anziani negli ospizi e crisi dei valori senza indulgere nel patetismo. Il suo è un lamento rabbioso, la dura invettiva di chi non ha paura di metterci la faccia e dire le cose come stanno, anche se scomode ai più. L’ultima traccia è una vera e propria chicca dedicata ai collezionisti. Addo’ vaje non era stata mai incisa fino ad ora, sebbene facesse parte del repertorio dei Napoli Centrale da tre decenni; è infatti il brano che viene suonato nel famoso film “No grazie, il caffè mi rende nervoso” (1982), in occasione della comica intervista che un impacciato Lello Arena tenta di fare a James.
‘O sanghe è davvero un disco sorprendente, oltre che attuale. Con cinquant’anni di carriera alle spalle non è facile reinventarsi, né proporre inediti di buona qualità. I Napoli Centrale ci sono riusciti, e in questo lavoro hanno piazzato almeno cinque o sei perle destinate a durare nel tempo; la Targa Tenco 2016 per il miglior disco in dialetto ne è la definitiva conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno.
Clicca qui per leggere l'intervista a James Senese in occasione del tour di 'O sanghe

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