30 maggio 2017

A passeggio senza meta per la Roma dei pazzi

In un precedente articolo avevo elogiato la decisione della Bonelli di pubblicare una nuova serie a fumetti, in un’epoca in cui si legge sempre di meno. Al tempo stesso, avevo definito un azzardo la scelta di presentare un personaggio che si muove nella Roma papalina del 1826. Dopo aver letto il primo numero della serie regolare, le impressioni di allora sono state in parte confermate: Mercurio Loi è un eccellente prodotto di nicchia, destinato ad un pubblico colto, interessato alle vicende storiche che fanno da sfondo ad ogni albo e alle disquisizioni filosofiche dei personaggi. Vorrei però precisare che non è affatto un fumetto verboso, perché la sceneggiatura di Bilotta è costruita in modo da alternare egregiamente le scene di azione con quelle di riflessione.
Il primo albo della serie regolare è un numero interlocutorio, che ha principalmente la funzione di presentare i personaggi, calandoli in quel “palcoscenico di pazzi” che era la Roma del 1826. Si capisce subito che i personaggi saranno uno dei punti di forza della serie. C’è chi ha scritto che il protagonista, Mercurio, è poco simpatico, quasi supponente. La considerazione non è sbagliata, ma va rimeditata, perché si tratta di una scelta voluta. Mercurio non è un eroe, non è un investigatore, né semplicemente un curioso; egli è un uomo di pensiero, dotato di un intelletto fuori dal recinto del conformismo. Vive in una città appena lambita dal pensiero liberale e illuminista, governata autoritariamente da un Papa-Re, in cui gli spazi di espressione individuale sono limitati, al punto che è vietato persino detenere in casa alcuni libri, considerati proibiti. In questo clima politico e culturale, Mercurio appare per forza di cose un personaggio saccente, quasi privo di dubbi, portatore di una personale visione di vita. Egli vaga per l’Urbe alla ricerca di tutto quanto possa stimolare la sua mente deduttiva, magari ingegnandosi di risolvere qualche mistero che non fa dormire sonni tranquilli alle autorità o ai membri della Sharada, la società segreta di cui fa parte. Bilotta, nell’introduzione al primo albo, ha voluto chiarire ancora una volta questo aspetto. Mercurio è un flâneur, un passeggiatore senza meta, che ama vagare alla ricerca di un evento, un volto o una semplice coincidenza che possano incitare la sua curiosità.
Per forza di cose, la Città Eterna diventa la seconda protagonista della serie. Roma era una città ricca di sotterranei fermenti, in cui religione e superstizione, cattolicesimo e residui di paganesimo si intrecciavano strettamente. Inoltre, era la capitale dello Stato Pontificio, il cui truce Governo era ossessionato da carbonari e giacobini, impegnato ad estirpare i primi moti liberali e risorgimentali.
Come ogni fumetto che si rispetti, anche Mercurio ha un assistente. Si tratta dell'inquieto e accigliato Ottone, un giovane carbonaro già macchiatosi dell’omicidio di un innocente, sia pure per un errore di persona. Vedremo in che modo evolverà questa figura, ma di sicuro non si tratta di un semplice comprimario, quanto piuttosto di un carattere capace di scelte autonome, anche in contrasto col suo maestro.
Straordinario nella sua complessità è l’arcinemico di Mercurio, il temibile Tarcisio Spada. Un tempo assistente del professore, ha deciso di abbandonare il maestro per potersi misurare alla pari con lui in impegnative sfide di intelligenza. Tarcisio, però, ha scelto la via del male, e non per arricchirsi o conquistare il potere, quanto piuttosto per affermare la propria personalità, per sfidare l’ordine morale, logico e politico costituito. È un uomo tormentato, che viene accostato al Catilina descrittoci da Sallustio: «di nobile stirpe, fu uomo di grande forza e coraggio, ma di indole cattiva e malvagia […] di spirito audace, subdolo, mutevole, era simulatore di qualsiasi cosa; affamato delle cose d’altri, generoso delle proprie. […] Il suo animo insaziabile desiderava sempre cose smisurate, incredibili, troppo alte» (p. 46 dell’albo). Al pari di Catilina, anche Tarcisio è capace al contempo di elucubrazioni geniali e di turpi misfatti, di atti di disinteressata generosità e spregevoli abusi nei confronti dei più deboli.
Altro personaggio ben caratterizzato è il colonnello Belforte. Divenuto muto a causa di una terribile aggressione subita, può esprimersi solo a gesti oppure scrivendo i suoi pensieri sopra una lavagnetta. Pur non potendo parlare, Belforte è uno dei personaggi più eloquenti della serie, in quanto presenta una spiccata dualità: è un uomo incaricato di far rispettare la legge, ma al tempo stesso rifiuta la cieca obbedienza del servo. È un militare, ma non si limita a dare o ad eseguire ordini, perché cerca di comprendere le mille contraddizioni della realtà che lo circonda. Si potrebbe dire che è la “voce” critica del fumetto: è muto, ma nella sua testa si alternano in continuazioni le voci di uno sterminato uditorio.
La serie è a colori, scelta editoriale che la Bonelli sta perseguendo negli ultimi anni. Il parco disegnatori è di tutto rispetto e il primo numero è stato illustrato da Matteo Mosca. La scelta del colore ha suscitato reazioni contrastanti, ma credo sia funzionale alla migliore ricostruzione degli umori e delle atmosfere del periodo storico.
Doverosa un’ultima considerazione: prima di leggere il primo numero sarebbe bene procurarsi il “numero zero”, ovvero l’omonimo albo della collana “Le storie” uscito nel gennaio del 2015, di recente ristampato in edizione da libreria. Ritengo infatti che molti dei passaggi della vicenda potrebbero rimanere oscuri a chi non ha avuto modo di leggere il fortunato albo pilota.
Mercurio Loi n. 1 - Roma dei pazzi - 05/2017 - Sergio Bonelli editore - euro 4,90

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