Domandarsi perché i Pale Fountains siano rimasti un gruppo sconosciuto ai più è
tutt'altro che una questione secondaria. Per dare una risposta esauriente non
basta prendersela con la sorte poco benevola; la verità è più complessa e ci
costringe a fare i conti con una stagione musicale fluida, la metà degli anni
Ottanta, che aveva chiuso definitivamente con i furori del punk e si godeva
un'ubriacatura elettronica da cui sarebbe uscita – almeno secondo il giudizio
dei posteri – con le ossa rotte. D'altronde, gli stessi Joy Division, che pure
avevano rivoluzionato il panorama appena un lustro prima, sembravano già lontani
anni luce.
In un simile contesto era arduo trovare spazio per un gruppo che aveva
assorbito così bene le divagazioni psichedeliche del 1967 da volerle riproporre
secondo il gusto contemporaneo, non disdegnando un tiepido tappeto elettronico
su cui innestare archi e fiati. Eppure i giovanissimi Pale Fountains
incontrarono il favore di una major, la Virgin, che nel 1984 accettò la
scommessa di produrre il loro primo LP, Pacific Street. L'azzardo fu ripagato
solo in parte: il lavoro raggiunse al massimo la posizione n. 84 della
classifica britannica, ma è tuttora ricordato da una schiera di fedeli
appassionati. In copertina un celebre scatto del fotografo italiano Mario De
Biasi, che ritrae un giovane combattente per le strade di Budapest nel 1956; la
foto inganna, perché dà l'idea di un disco street-punk, tipo The Redskins per
intenderci. Invece la miscela proposta dalla band di Liverpool guidata da Mick
Head (voce e chitarra) è non solo atipica, ma difficilmente inquadrabile entro
un genere. Su alcuni siti si parla di new wave, ma la definizione è incompleta,
se non fuorviante. Se proprio volessimo accostare la musica dei Pale Fountains
ad un genere, dovremmo richiamare il rock psichedelico di fine anni Sessanta
e il suo alfiere, il compianto Arthur Lee dei Love. Alcuni passaggi di
Pacific Street sembrano presi direttamente da Forever changes, magari adattati
a un gusto più moderno grazie all'uso delle tastiere, comunque mai invasive; altrove
i quattro di Liverpool sembrano invece indulgere verso suoni tropicali. Il
tutto ha un sapore così squisitamente sixties che risulta difficile persino collocare
cronologicamente l'album, quantomeno a un primo ascolto. I Love, dunque, ma
anche i concittadini Beatles risuonano tra i solchi di Pacific Street. E non è
un caso che un pezzo come Natural potrebbe benissimo fare parte del repertorio
degli ultimi Jam, perché proprio la band di Paul Weller era tra quelle che
strizzavano l'occhio con maggiore veemenza alla scena di vent'anni prima.
Analizzare il disco traccia per traccia ha poco senso; tuttavia, è
necessario spendere qualche parola in più sulle canzoni. L'apertura di Reach è
spettacolare; ricorda così tanto gli Smiths che, se l'avesse scritta Morrissey,
oggi sarebbe ricordata come una delle migliori del suo repertorio. Certo i
Pale Fountains non possedevano il tocco inconfondibile della chitarra di Johnny
Marr, ma supplivano con solari innesti di tromba, capaci di aprire oltre le
frontiere d'Albione, verso caldi lidi tropicali. La tromba di Andy Diagram si
fa sentire anche nelle felici contaminazioni di (There's always) something in
my mind, una sorta di bossanova, impreziosita da percussioni latine. La
successiva Unless apre con ritmi tribali, per poi planare felicemente su spunti
elettronici alla Ultravox. Come ho già ribadito, però, è Forever changes dei
Love la vera pietra di paragone; ecco allora la spagnoleggiante Southbound
excursion, oppure la trasognata Beyond Friday's field, che sembrano toccate
dalla mano felice di Arthur Lee nei suoi giorni migliori.
Pacific
Street è un gioiello poco conosciuto, che merita un ascolto non frettoloso. Certo non aspettatevi
una scoperta miracolosa: rimane un disco piacevole e poco più, che trova il
proprio limite nella scarsa omogeneità delle tracce, che non sempre seguono un filo conduttore comune. È stato
ristampato in cd, ma non è difficile reperire il vinile dell'edizione italiana del 1984 a prezzi onesti.
The Pale Fountains - Pacific Street - 1984
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