26 ottobre 2020

"Il maledetto libro di storia…" di Lorenzo Del Boca: due secoli di verità di comodo

Il maledetto libro di storia che la tua scuola non ti farebbe mai leggere, di Lorenzo Del Boca, si inserisce nel filone storiografico “revisionista” che negli ultimi anni ha ottenuto successo di pubblico, grazie soprattutto ad alcuni saggi che forniscono una versione alternativa della vicenda risorgimentale e della genesi della Questione meridionale. Il libro di Del Boca condivide pregi e difetti di questa fortunata corrente. Il principale pregio è nella scelta di un punto di vista non conforme alla vulgata ufficiale, ossia «la storia ideologizzata che si presenta con le caratteristiche della propaganda». La storia, spiega l'Autore, è sempre stata scritta per glorificare i vincitori e demonizzare gli sconfitti, amplificando le virtù dei primi ed esagerando i difetti dei secondi. Egli si propone pertanto l'ambizioso scopo di riscrivere le vicende italiane degli ultimi due secoli secondo una prospettiva eccentrica rispetto a quella dominante. L'obiettivo dei suoi strali polemici sono ovviamente i libri scolastici, che peccano di approfondimento e tendono ad assumere un punto di vista acritico, tutto orientato in favore dei vincitori.
Ponendosi come un'alternativa ai testi canonici, il saggio mantiene uno stile volutamente divulgativo, a volte persino semplicistico. Vengono alla luce taluni limiti, che tuttavia non inficiano la bontà complessiva del volume. Lorenzo Del Boca non è uno storico di professione, ma un giornalista che si occupa di storiografia; sa dunque di non dover perseguire l'asettica obiettività del professore, ma di potersi lanciare in valutazioni personali, spesso irriverenti, indiscrezioni giornalistiche, storie di letto che hanno il sapore del pettegolezzo. Si pensi al giudizio sui Savoia: spietato, senza appello né indulgenza. Con ciò non voglio certo affermare che uno storico debba essere servile o adulatore nei confronti dei potenti; chiunque abbia un minimo di conoscenza della storia italiana non può che avere un'opinione estremamente negativa su Casa Savoia. Eppure, lo storico di professione deve sapersi distaccare dagli eventi narrati, vestendo l'indignazione con le parole e l'atteggiamento dello scienziato, anziché con la rabbia del partigiano deluso. Libri come questo di Del Boca, e altri dello stesso filone, scontano purtroppo un atteggiamento caustico e indisponente, che li rende facile bersaglio degli storici di professione. Spero di non essere frainteso: lungi da me l'affermare che questi volumi non abbiano il grande merito di aprire gli occhi del lettore, facendogli conoscere una verità spesso diversa e più amara di quella edulcorata raccontata dai libri di scuola. Rimane però un “sapore giornalistico”, che di per sé non è un male, ma li espone alle opinioni non lusinghiere dell'accademia.
Il maledetto libro è diviso in due parti, Ottocento e Novecento. La prima è sicuramente la migliore e la più approfondita, offrendo un quadro esaustivo delle complesse vicende che vanno dalla Restaurazione del 1815 all'uccisione di Umberto I ad opera di Gaetano Bresci. Esemplari i capitoli dedicati alla conquista del Regno delle Due Sicilie e degli altri Stati preunitari; Del Boca abbatte a picconate l'agiografia risorgimentale, restituendoci un ritratto impietoso dei principali protagonisti, da Garibaldi a Vittorio Emanuele II, passando per Cavour. Il Risorgimento, spiega l'Autore, non è stato (solo) una redenzione guidata da idealisti e anime belle, ma una bieca macchinazione costruita nelle cancellerie europee, a danno di sovrani legittimi e ad esclusivo vantaggio delle mire espansionistiche dei Savoia. La seconda parte è incentrata sulla Prima guerra mondiale e sulla parabola del fascismo, fino a toccare – per la verità in maniera superficiale – gli anni della Guerra Fredda. Ancora una volta Del Boca scruta gli eventi con la sua lente demistificatrice, mettendo in luce la verità sul primo conflitto mondiale, che fu solo una macelleria di proporzioni inimmaginabili. E ancora, non tace delle rappresaglie perpetrate dai partigiani dopo la caduta del regime, né della tragedia delle foibe.
Pur con i limiti evidenziati, ritengo sia un'opera controcorrente, persino coraggiosa nello sforzo di squarciare il velo di ipocrisia delle verità ufficiali, che da oltre due secoli ci propinano un racconto di comodo, a uso e consumo dei soli vincitori. Consiglio la lettura del volume a quanti conoscono per sommi capi la storia italiana degli ultimi due secoli, magari per averla ascoltata a scuola e mai più approfondita.

14 ottobre 2020

San Galgano nel cuore del Cilento

L'abbazia di San Galgano, in Toscana, è universalmente nota per avere il cielo come volta, in quanto, dopo il crollo del tetto, sono rimaste in piedi soltanto le mura perimetrali. La peculiare situazione di rovina consente tuttavia di ammirare e studiare nei minimi dettagli la struttura architettonica. Un edificio simile, anche se poco noto, si trova nel comune di Sessa Cilento, a valle della frazione di San Mango, nell'area geografica denominata “Cilento antico” o “Alto Cilento”, comprendente i casali sorti alle pendici del monte Stella e attraversati dal corso del fiume Alento. Si tratta dei ruderi della Chiesa di Santa Maria degli Eremiti, che nel nome ricorda gli anacoreti che la abitarono, alla ricerca di spiritualità e silenzio lontano dal consorzio umano. Come detto, si trova fuori l'abitato di San Mango, in uno spiazzo denominato Largo degli Abati Cavensi, a memoria della secolare giurisdizione che i monaci della Badia di Cava ebbero su questo luogo suggestivo.
Un benemerito cartello antistante le rovine consente agli sparuti visitatori di conoscere la storia dell'edificio. Apprendiamo che la chiesa viene citata per la prima volta in un documento del 1329, anche se si ipotizza un'origine più antica. Dal resoconto di una visita pastorale del 1505 sappiamo che era composta da una navata centrale con l'altare maggiore e da cappelle laterali minori, dedicate ai santi. Una serie di iscrizioni murate indicano che la fabbrica originaria è stata ampliata nel tempo, fino a raggiungere dimensioni considerevoli, testimoniate dalle imponenti rovine. Per oltre quattro secoli fu parrocchia per le comunità di San Mango, Castagneta e Santa Lucia, per essere infine abbandonata nell'Ottocento perché pericolante. Dopo un lungo periodo di oblio è stata oggetto di una meritoria opera di recupero e di consolidamento, che ci consente di ammirarla com'è oggi. 
Troneggia intatto il campanile, costruito negli anni 1543-1547 e integralmente recuperato. Si caratterizza perché è separato dal corpo principale della chiesa, peculiarità che si ritrova anche nella vicina cappella cimiteriale di Santa Maria delle Valletelle. Sul perché di questa scelta anomala è possibile fare una congettura, ipotizzando che questi campanili avessero anche il ruolo di torri di avvistamento, o che siano stati riutilizzati in funzione sacra dopo aver prestato una funzione difensiva. Il resto sono ruderi, che lasciano ampio spazio all'immaginazione, ma danno un'idea sufficientemente definita di come doveva essere l'eremo. Rimangono in piedi alcuni muri perimetrali, le nicchie che ospitavano le statue, parte dell'abside, gli archi che separavano il transetto, le finestre strette come feritoie, le scale che conducevano alla cripta, i basamenti delle colonne. Il tutto è messo in sicurezza e liberamente fruibile dal pubblico, prestando comunque un minimo di attenzione a dove si mettono i piedi. 
Ovvio che il paragone con il sito di San Galgano ha un valore puramente indicativo, né deve essere preso alla lettera. L'abbazia toscana è universalmente nota e meglio conservata, con le mura perimetrali, l'abside e la facciata praticamente intatti. Tuttavia, pur con le debite cautele, il paragone non è del tutto peregrino, né azzardato: le rovine di Santa Maria degli Eremiti conservano infatti il medesimo fascino della decadenza, il segno tangibile che le opere e l'ingegno umano sono destinati a soccombere di fronte all'ineluttabile scorrere del tempo
Ringrazio Irene Nigro per le fotografie, che lascio al libero utilizzo, purché ne venga citata la provenienza da questo blog.
Una visione d'insieme del sito di Santa Maria degli Eremiti
I ruderi del fabbricato
Il campanile di Santa Maria degli Eremiti
Il campanile della vicina chiesa di Santa Maria delle Valletelle
Ruderi della navata centrale
Particolare del transetto
Il basamento di una colonna
Particolare dell'abside
L'accesso alla cripta
Ruderi del transetto