Leggendo
Eureka Street (1996) mi sono reso conto di quanto fosse superficiale la mia
conoscenza dei cosiddetti Troubles. È una parola generica e pregna di un'ironia tipicamente
britannica, traducibile come “problemi” o “disordini”, che indica in gergo il
conflitto nordirlandese che si è combattuto tra il 1969 e il 1998. Le ragioni
storiche del lungo bagno di sangue che ha opposto cattolici e protestanti,
repubblicani i primi e lealisti i secondi, sono complesse e non basta un
romanzo per spiegarle fino in fondo. Purtuttavia, il libro di McLiam Wilson è
riuscito a darmi un'idea più precisa della guerra a bassa intensità combattuta
in Ulster, grazie anche a un utile glossario aggiunto dai curatori
dell'edizione italiana.
Nel caleidoscopio di personaggi che popolano le pagine
di Eureka Street, Jake e Chuckie sono i principali. Il primo è cattolico e tira
a campare con lavoretti occasionali, cercando un amore che dia un senso
profondo alla sua esistenza. Il secondo è protestante e ha una personalissima e
strampalata vena per gli affari, che lo porterà inaspettatamente al successo.
Nonostante la differente confessione religiosa, sono amici da una vita e non
hanno mai sentito la necessità di scontrarsi sul terreno della politica. Le
loro giornate sono scandite da tappe fisse e uguali da anni: il lavoro, le
serate al pub con gli amici di sempre, i goffi tentativi di conquistare le
ragazze.
Eureka Street cala il lettore nell'atmosfera infuocata di Belfast; è
un viaggio nei quartieri borghesi e nei sobborghi proletari, entrambi teatro di
un conflitto che non è solo religioso, ma anche economico e sociale. McLiam
Wilson racconta l'anima profonda della città e nulla nasconde: i murales, le
sigle sui muri, gli scontri, la strisciante miseria, la violenza fisica e
verbale, le bombe. Belfast è di fatto la vera protagonista del romanzo; nelle
pagine di maggiore intensità lirica, assume quasi le sembianze di un essere
vivente, dotato di una propria sensibilità. E non è un caso che il romanzo sia
di fatto diviso in due parti, il cui spartiacque è il crudele episodio della
bomba a Fountain Street. L'attentato, descritto in tutti i suoi particolari più
crudi, segna una cesura narrativa e stilistica. La prima parte si mantiene su
toni leggeri e umoristici perché i Troubles sono sullo sfondo: le scritte sui
muri, i posti di blocco, i bollettini alla radio che elencano i feriti del
giorno. Nella seconda parte, invece, irrompe la Storia, che ha il volto
violento di una terribile esplosione. Immediatamente la narrazione cambia: il
romanzo assume toni plumbei, mentre una cortina di dolore e amaro stupore cala
sul cuore dei personaggi. Il dolore è palpabile e colpisce come un pugno allo
stomaco persino i lettori meno impressionabili.
Eureka Street è un libro
profondo, e non solo per l'impegno civile che traspare dalle sue pagine. La
lezione di McLiam Wilson va oltre il dato socio-politico: lo scrittore
nordirlandese vuole dirci che esiste una maggioranza silenziosa, fatta di
cattolici e protestanti, che desidera solo vivere la propria vita in pace, senza
impantanarsi nelle ragioni – spesso astruse – del conflitto. È una maggioranza fatta di tanti
Jake e Chuckie, che non propugna idee oltranziste, che non predica la morte sui
muri e non semina odio per le strade e nei pub. Questa maggioranza risponde
solo alla legge universale dell'amore e della fratellanza, a cui anela. Ecco
perché alla notizia del cessate il fuoco, anche le pagine del libro recuperano
i toni ariosi e umoristici della prima parte, sino al sofferto ma catartico
lieto fine.
Le recensioni e i commenti della critica sono pressoché unanimi,
spesso addirittura entusiastici. La mia opinione è in parte diversa: lo ritengo
un buon libro, che fa sorridere e riflettere, ma non ha l'appeal di un'opera di
culto. L'ho trovato un po' lontano dalla nostra esperienza, strettamente legato
a una realtà locale che, per quanto nota a tutti, non può avere una valenza
universale. Semplificando, si potrebbe dire che è un romanzo dalla forte
impronta ideologica, che non potrà mai essere compreso fino in fondo da chi non
ha vissuto sulla propria pelle la realtà di Belfast, città divisa da un odio
secolare. È
dunque il grande affresco di un'epoca che (si spera) non tornerà più, di sicuro
interesse per quanti vogliano approfondire una delle pagine più sanguinose
della storia recente europea.
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