20 ottobre 2016

In difesa della musica: breve elogio del disco

Assistiamo ad una costante smaterializzazione della musica, tanto che si parla di una graduale scomparsa del supporto. Il disco non è più l’unico strumento per ascoltare musica, e neppure il principale: i lettori mp3 e gli smartphone sono i mezzi di riproduzione oggi più utilizzati. Anche se in controtendenza, ritengo invece che il disco sia un oggetto da preservare per molte ragioni, che vale la pena elencare.
1. Il piacere tattile. Il disco è tangibile, ha una massa e occupa uno spazio nella realtà materiale; in una parola, esiste. Questo è il suo vero punto di forza, nonché la differenza fondamentale (e ovvia) rispetto alla musica digitale. Un disco lo puoi tenere tra le mani, possiede un suo calore, lo puoi vedere e toccare, non è un insieme anonimo di dati informatici.
2. Il rituale. Ascoltare un disco presuppone un rituale, che preannuncia e amplifica il piacere. La musicassetta va estratta dalla custodia, eventualmente riavvolta, quindi inserita nella piastra. Nel caso del cd la procedura è più rapida, mentre con gli LP diventa più complessa e liturgica. Il vinile va estratto delicatamente dalla sua doppia custodia, spolverato, appoggiato gentilmente sul piatto; solo a questo punto è possibile alzare il braccio e posare delicatamente la testina, in attesa che accarezzi i primi solchi in un lieve fruscio.
3. Il collezionismo. È un altro imbattibile punto di forza, che si spiega da sé. I dischi possono essere collezionati, ordinati per genere o artista, sistemati e spostati a piacimento. Vedere la propria collezione crescere è un piacere che nessun iPod potrà mai regalare.  
4. La grafica. Molti dischi sono diventati famosi anche per la loro veste grafica; gli LP, in particolare, grazie al grande formato, sono delle vere e proprie opere d’arte. Per me è inconcepibile separare la musica dalla copertina o dal libretto interno dell’album. Minimale o sovrabbondante, tradizionale o rivoluzionaria, la veste grafica è un elemento essenziale dell’immaginario rock. Tantissime le copertine che hanno fatto storia, diventando vere e proprie icone: tra tutte, mi viene in mente il volto angosciato del primo LP dei King Crimson. Ci sono poi i libretti interni, con le foto e i testi, di fondamentale importanza per conoscere le formazioni, i tempi ed i luoghi  di lavorazione dell’album, la filosofia dell’artista.
5. I negozi di dischi. Sono dei luoghi magici, veri e propri santuari del suono. Andrebbero preservati, perché purtroppo stanno quasi scomparendo, travolti dalla crisi dell’industria del disco e dai megastore. Ogni negozio ha una propria impostazione, che di solito rispecchia i gusti del proprietario più che quelli dominanti del mercato: sopravvivono ancora esercizi specializzati in progressive, punk, new wave o jazz, con personale competente a cui puoi chiedere un consiglio. Scaricare musica da internet non può neppure lontanamente eguagliare il piacere di perdersi in un negozio di dischi.
6. L’ascolto meditato. La musica sta sempre di più diventando un mero sottofondo, in un ascolto “mordi e fuggi” che la riduce a prodotto uguale a tanti altri. Mezzi pubblici, strade e parchi sono pieni di persone che ascoltano musica con i telefonini anche solo per isolarsi dal contesto. Il disco, invece, pur potendo essere un ottimo sottofondo alle attività quotidiane, si presta di più ad un ascolto meditato, riflessivo, maturo.
7. Il costo. Sembra una contraddizione, ma l’esborso economico è un altro punto in favore dell’ascolto tradizionale. I dischi costano, a volte anche tanto. Di conseguenza, prima di buttarli via, è bene ascoltarli più volte, per capire se è possibile smentire la prima negativa impressione. A me è successo così con Linea gotica dei C.S.I. Al primo ascolto sono rimasto profondamente deluso, tanto mi appariva incomprensibile. Mi sono allora imposto ripetuti ascolti, se non altro per giustificare le ventiseimila lire che avevo speso. C’è voluto tempo per capirlo e assimilarlo: oggi è uno dei miei album preferiti.
8. La qualità del suono. Lungi da me addentrarmi in discorsi tecnici, perché non ne ho la competenza. I musicofili ancora discutono se sia meglio il suono del compact disc o quello del vinile, ma di una cosa sono certi: la qualità del suono impone l’esistenza di un supporto materiale.
9. Il valore dell’usato. I dischi non muoiono mai, hanno sempre una seconda o una terza vita. Possono essere venduti, regalati o scambiati con altri collezionisti. Anche a distanza di quarant’anni li puoi trovare sui banchi polverosi di un mercatino dell’usato, magari facendo un buon affare.
LP "Litfiba 3" sul piatto di un giradischi

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