Il pittore Oreste, personaggio del romanzo Una lunga rabbia di Carlo Castellaneta, afferma che nella vita
contano soltanto due esperienze: l’amore e la lotta di classe. L’idealista
Oreste si spinge persino oltre, fino a unificarle in un’unica cosa: amore e
lotta di classe finiscono per diventare facce della stessa medaglia, le uniche
ragioni per cui vale la pena vivere. Il primo perché trasforma e completa
l’individuo, la seconda perché vorrebbe tramutare la società in una dimensione
più giusta ed egualitaria. In un certo senso, sono questi i due poli de La banda dei brocchi di Jonathan Coe,
edito per la prima volta nel 2001 e pubblicato in Italia da Feltrinelli. Si
tratta di un romanzo corale, un fedele e dolceamaro ritratto del Regno Unito negli
anni Settanta, epoca di grandi contraddizioni, di battaglie e ideali, di lotta
di classe e amore, appunto.
I Settanta hanno rappresentato per il Regno Unito, come d’altronde per
l’Italia, un difficile periodo di transizione. Erano gli anni degli scioperi
selvaggi, della guerriglia nelle piazze, delle bombe dell’IRA, della debolezza
dei governi laburisti e dei dissidi fra gli opposti nazionalismi. D’altro
canto, però, si è trattato anche di un periodo assai fecondo per le arti, la
letteratura e la musica. Coe evidenzia tutti questi aspetti e ricostruisce
l’atmosfera dell’epoca, marcandone le contraddizioni con naturalezza e seguendo
una prospettiva de-ideologizzata, il più possibile obiettiva.
Non a caso il romanzo è ambientato a Birmingham, città natale dello
scrittore, ma soprattutto sede dello stabilimento di Longbridge della British
Leyland, storico marchio inglese di automobili. La fabbrica è il vero cuore
pulsante della città, dal punto di vista economico, lavorativo e persino
identitario. Gli stessi personaggi del romanzo vi sono legati a filo doppio,
perché tutti lavorano o hanno un congiunto impiegato nello stabilimento.
Tuttavia, non può affermarsi che si tratti di un romanzo “operaio”: sebbene i
personaggi abbiano una diversa estrazione sociale, Coe ha scelto di narrare la
sua storia seguendo principalmente un punto di vista elitario, quello degli
studenti di una scuola privata, il King William.
Come ho anticipato, si
tratta di un romanzo corale, senza un vero e proprio protagonista. I personaggi
principali sono quattro studenti del King William: Trotter, Anderton, Chase e
Harding, alle prese con i problemi e le passioni di tutti i ragazzi della loro
età. Sarebbe tuttavia riduttivo qualificarlo come un romanzo di formazione. Coe racconta il percorso scolastico dei quattro ragazzi, ma lo fa
scandagliando nel contempo la vita delle loro famiglie, entrando nelle case e
mettendo a nudo quanto queste nascondono in termini di violenza, chiusura
mentale e tradimento, ma anche di sincero affetto, passione e calore umano.
La banda dei brocchi è un romanzo appassionante, anche se la complessità
dell’intreccio, resa dal continuo succedersi dei narratori e intersecarsi dei
punti di vista, rende talvolta macchinosa la trama. Il libro è assai
interessante anche per un altro aspetto, perché racconta un Paese, il Regno
Unito, che affrontava negli anni Settanta gli
stessi problemi dell’Italia, pur con le dovute differenze: le lotte sindacali, il terrorismo, gli scontri di
piazza, i governi deboli e una strisciante crisi economica. Leggerlo non può
lasciare indifferenti, perché, in un certo senso, è come specchiarsi in uno
stagno.
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