Pat Di Nizio (1955 – 2017) se n’è andato troppo presto, a dicembre, a causa dei tanti
problemi di salute che lo tormentavano da anni. Era il cantante, chitarrista e
leader degli Smithereens, formazione power
pop che avevo scoperto da poco, ma che era riuscita subito a conquistarmi. Come
avevo scritto in un precedente articolo, si tratta di un gruppo di piccolo culto, che ha continuato per oltre
trent’anni a girare in tour nella formazione originaria composta da Pat Di Nizio
(voce e chitarra), Jim Babjak (chitarra), Dennis Diken (batteria) e Mike
Mesaros (basso). Il Dizionario del
pop-rock di Tonti e Gentile ricorda che gli Smithereens, «da cover band con un amore particolare per
il beat inglese e il R’n’R classico americano», sono poi diventati uno dei
principali gruppi di power pop,
sfornando una serie impressionante di validi singoli, come Behind the wall of sleep, Blood
and roses, Strangers when we meet, Lonely room, House we used to
live in, Drown in my own tears e
altri. Da ricordare specialmente i primi lavori: l’EP di esordio Beauty and sadness (1983), Especially for you (1985) e Green thoughts (1988).
Qualche giorno fa,
accingendomi a scrivere la recensione di Green
thoughts, sono venuto a conoscenza della triste notizia. Ci sono rimasto
male, perché l’italoamericano Pat riusciva a farsi volere bene anche attraverso
un video su YouTube, oppure sbirciando le foto degli Smithereens negli
archivi on line. Aveva una voce profonda, un talento nello scrivere canzoni
apparentemente “facili” ma di impatto emotivo e, soprattutto, un atteggiamento
un po’ schivo da antidivo, che lo rendeva simpatico, diverso da tanti artisti
boriosi che calpestano i palcoscenici. Mi sarebbe piaciuto intervistarlo e
stavo cercando un suo contatto per poterlo fare. Purtroppo non è stato
possibile; questa breve recensione vuole essere il mio saluto.
Green thoughts, secondo LP del quartetto, venne pubblicato nel 1988 dalla
Enigma records. La veste grafica lascia a desiderare: la copertina è anonima e
riproduce uno sfondo urbano con due figure umane appena accennate. Il retro
riporta i crediti e una bella fotografia della band, che avrebbe figurato
meglio in copertina.
Se quel che conta
davvero, però, è la musica, allora Green
thoughts è un disco valido. Già dai primi solchi si sente la vera passione
di Di Nizio e soci: i Beatles. Molti brani risentono della matrice della band
di Liverpool, sia pure filtrata attraverso una sensibilità contemporanea,
magari con qualche riff d’impatto. Si
tratta di un onestissimo disco di power
pop, anzi di puro pop chitarristico, grazie all’egregio lavoro di Di Nizio
e Babjak. La formazione è quanto mai affiatata e sforna almeno tre singoli
radiofonici da urlo: House we used to
live in, Only a memory e Drowing in my own tears. Niente di
spettacolare, sia chiaro, ma tanto mestiere e sincera passione. Possono piacere
o meno, ma sono tre gioielli pop perfetti nella solida struttura
strofa-ritornello-strofa, arricchiti dalla bella voce di Di Nizio.
Il disco scorre sulla
medesima falsariga, senza cadute di stile: non vi sono canzoni più brutte delle
altre, non si conta nessun passo falso. Gli Smithereens si affidano a due
grandi doti: perizia tecnica e ammirevole pervicacia ideologica. Sanno qual è
la loro strada e non sono disposti a cambiarla; ne escono fuori pezzi mai
banali, come la tenera ballata Especially
for you, l’elettrica Elaine e la
ritmata Spellbound. Con Green thoughts gli Smithereens ci hanno
insegnato che la musica può anche essere divertente e disimpegnata,
senza per questo essere superficiale. Cosa volere di più da un disco pop?
Grazie Pat, ci
mancherai.
La copertina di Green thoughts
Una foto recente di Pat Di Nizio
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