Inizio con una considerazione banale: la fame è la vera protagonista di
questo celebre romanzo del Premio Nobel norvegese Knut Hamsun (1859-1952).
Andando più a fondo, si scopre che la “fame” del titolo non è intesa solo in
senso materiale, ma anche spirituale, come fame di vita, di sapienza, di
emozioni. Il
protagonista, vero e proprio alter ego dell'autore, è un giovane letterato,
narciso ed egocentrico, convinto di essere una mente eletta ma incompresa dai
contemporanei, tacciati di grettezza e conformismo. Per campare scrive articoli
su un paio di quotidiani, ma deve fare i conti con due nemici implacabili: la
scarsa ispirazione e la povertà. Gli unici beni che possiede sono un mozzicone
di matita e un fascio di fogli bianchi, su cui riversa pensieri torrenziali e confusi
sull'arte, la società, la politica, la morale e persino la religione. I suoi
scritti non sempre incontrano il favore degli editori, perché considerati
incendiari e rivoluzionari, inadatti ad un pubblico addomesticato e
piccolo-borghese. Dopo una serie di rifiuti, esaurite anche le poche corone
rimediate occasionalmente, egli scivola lentamente nella miseria più nera,
arrivando persino a scucirsi i bottoni della giacca nella speranza di poterli
dare a pegno. Si ritrova così a vagare per Christiania (vecchio nome di Oslo),
la città «che nessuno può lasciare
senza portarne addosso le cicatrici», alla ricerca spasmodica di denaro e
ispirazione.
Il romanzo
narra con un ritmo serrato le peregrinazioni dello squattrinato protagonista
per le vie della capitale norvegese, gli innumerevoli tentativi di
raggranellare qualche spicciolo per riempire la pancia o pagare la pigione
della misera stanza presa in locazione. Sono vicende spesso grottesche o al
limite del paradosso, che catapultano il lettore in una realtà di amaro
disinganno, dove conta quanto si possiede in tasca e non quanto si ha in testa.
La povertà è dunque la suprema dannazione, più ancora della pazzia. Si pensi ad
uno dei punti cruciali del romanzo, l'incontro tra il protagonista e una
misteriosa ragazza che in un primo momento si innamora di lui, per poi
abbandonarlo quando si avvede della sua miseria. Ella è pronta a perdonargli
tutto, ma non la povertà. Il suo sentimento vacilla credendolo un pazzo o un
criminale, eppure resiste; crolla infine quando si avvede che l'uomo che le sta
di fronte è uno straccione.
Fame è
soprattutto un libro di sensazioni fisiche, visive e tattili; l'immedesimazione
col protagonista è in questo senso totale. Il romanzo si sviluppa su due piani,
il “fisico” e lo “psicologico”. Sotto il primo profilo, Hamsun riesce a
trasmettere al lettore le medesime sensazioni provate dal protagonista: la
nausea, la debolezza estrema, il dolore agli arti, il senso di vuoto allo
stomaco che cerca di colmare masticando trucioli di legno. Quanto al piano
psicologico, si tratta di un impeccabile resoconto della graduale ma
inesorabile discesa verso la follia. I due piani si compenetrano: il
protagonista impazzisce perché affamato, ma al contempo soffre la fame perché
ossessionato dai mostri di un pensiero non conforme, che lo relega ai margini
della società civile, in cui non c'è spazio per i suoi scritti visionari.
Il libro ha
i tratti del romanzo picaresco, sebbene si tratti di una definizione
riduttiva. Anche il picaro ha “fame di vita”, ma vive allegramente la propria
condizione; da ottimista qual è, sa che ogni giorno riuscirà a mettere insieme
il pranzo con la cena, senza troppo penare. La sua è essenzialmente fame di
pancia. Il protagonista di Hamsun, invece, non sa darsi pace, perché la sua è
fame di successo, desiderio di vedersi riconosciuto un posto privilegiato nel
mondo. Non è spensierato, ma porta addosso tutte le nevrosi e le ossessioni dell'uomo
moderno, prima fra tutte quella per il dio denaro. In ciò somiglia a Gordon
Comstock, il protagonista di Fiorirà l'aspidistra, con la differenza che Fame è
stato scritto circa quarant'anni prima del capolavoro di Orwell. Impossibile
allora non riconoscere la straordinaria modernità di Hamsun, che ha avuto la
capacità di precorrere i tempi; per stile, tematiche e sensibilità, Fame è a
tutti gli effetti un libro novecentesco, sebbene sia stato pubblicato nel 1890.
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