Chi conosce il centro
storico di Roma sa bene che ci sono innumerevoli tesori che si collocano ai
margini dei consueti itinerari turistici. Sono chiese, monumenti, edifici e
manufatti dal grande valore intrinseco, che tuttavia patiscono la concorrenza
di altre e più blasonate opere d'arte. Si è scritto tanto di questi tesori
nascosti, a cui sono dedicati libri, siti e ricerche. Senza alcuna pretesa di
esaustività o di novità, inauguro una nuova rubrica del blog, dedicata
proprio a questi luoghi.
Inizio con la piccola Chiesa di San Salvatore alle Coppelle, che si trova nell'omonima piazzetta nel
rione Sant'Eustachio, a due passi dal maestoso Pantheon. La sua particolarità è
data dal fatto che è una delle cosiddette “chiese nazionali di Roma”, ossia gli
edifici di culto affidati alla cura e alla gestione di una comunità nazionale.
Giova precisare che il concetto sociologico di “nazione” non equivale a quello
politico di “Stato”, intendendosi con il primo un insieme di persone legate da
vincoli culturali, storici e linguistici. Per questa ragione, mentre in alcuni
casi i due concetti coincidono (Chiesa di San Luigi dei Francesi), in altri sono separati, come nel caso delle chiese facenti capo a comunità
regionali o provinciali (Chiesa dello Spirito Santo dei Napoletani). Vi sono
poi ipotesi intermedie, di Stati con più confessioni, che a Roma hanno dunque
più chiese nazionali. Una è per l'appunto San Salvatore alle Coppelle, edificio
di culto dei cattolici rumeni di rito bizantino. Si tratta di una Chiesa sui iuris, ossia legata a quella di Roma ma con
proprie tradizioni liturgiche e spirituali. Per tale ragione, entrare in San
Salvatore alle Coppelle è come fare un salto in Oriente.
La facciata è semplice, a capanna con due lesene per ciascun
lato del portale; il campanile, parzialmente inglobato in un palazzo, tradisce
le origini medioevali dell'edificio. Secondo la tradizione, il luogo di culto fu
consacrato da papa Celestino III nel 1195, anche se si pensa che abbia
un'origine più antica. L'esterno non presenta elementi di rimando
all'Oriente.
Entrando
la percezione cambia immediatamente, per due precise ragioni. La prima è il
penetrante e gradevole odore d'incenso, tipico delle chiese che officiano in
rito orientale. La seconda è che l'edificio è disseminato di icone di tipo
bizantino, alcune antiche e altre recenti. La volta è a botte, decorata con
motivi floreali e illuminata da quattro ampi finestroni per lato.
L'elemento di maggiore
impatto è sicuramente l'iconostasi di fondo. Si tratta di una struttura tipica
dell'architettura bizantina, una vera e propria parete divisoria tra lo spazio
dell'officiante e quello occupato dai fedeli, decorata con icone e immagini
sacre. L'iconostasi di San Salvatore alle Coppelle, che rappresenta l'ultima
cena con figure di santi al contorno, risale ai primi anni del Novecento,
quando la chiesa venne affidata alle cure del clero romeno. Pur non trattandosi
di un'opera di particolare pregio, è sicuramente l'efficace testimone della
sensazione d'Oriente che si prova entrando in questo luogo poco conosciuto.
Le fotografie sono liberamente utilizzabili, purché venga citata la fonte.
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