I Morphine sono uno
dei pochi gruppi degli ultimi trent'anni di cui si possa affermare che abbiano
sperimentato qualcosa di originale. L'affermazione va tuttavia precisata. Al
trio americano non si deve l'invenzione di un genere, né tantomeno la fondazione
di un movimento. Più semplicemente, hanno creato un suono inconfondibile, che
non si era mai sentito prima e che avrà (purtroppo) scarso seguito. Un basso a
due (!) corde, batteria e sassofono era tutto ciò di cui avevano bisogno; senza
elettronica e chitarre, i Morphine erano davvero un gruppo alternativo. Fossero
nati oggi, sarebbero stati definiti indie, parola abusata ma perfetta nel loro
caso. Come hanno scritto critici blasonati, è impossibile collocarli in un
genere, sebbene vi siano reminiscenze jazz e blues. Tanto vale lasciar perdere;
basti dire che i bostoniani suonavano esattamente il tipo di musica che ti
aspetteresti da un trio sassofono-batteria-basso a due corde.
Yes, pubblicato nel
1995, è il loro terzo disco, dopo l'esordio di Good (1992) e l'eccellente Cure
for pain (1993). Ritengo Yes il lavoro della maturità; non so dire se sia il
migliore, ma di certo è un disco che focalizza al cento per cento le
peculiarità del gruppo. Pur non essendo di facile assimilazione, ha potenzialità
“commerciali” che invece mancano al successivo Like swimming, maggiormente
sperimentale. Il gruppo è in stato di grazia, come dimostrano gli interventi di
Dana Colley al sax, il drumming preciso di Billy Conway e, soprattutto, il
basso e l'inconfondibile voce del compianto leader Mark Sandman.
Yes è un disco che
rasenta la perfezione. Gli unici momenti poco convincenti sono quelli più
sperimentali, come nelle conclusive Sharks e Free love. Il resto è pura
goduria, l'apice creativo di un gruppo che seguiva senza compromessi una strada
mai percorsa prima. L'analisi traccia per traccia ha poco senso, anche perché
Yes va inteso come un continuum dall'inizio alla fine, un concentrato di
nevrosi urbane, soffuse malinconie e fumosi ricordi di una vita che avremmo
voluto vivere e che non abbiamo mai avuto il coraggio di prendere per il collo.
Esemplare in tal senso l'incipit di Scratch: «I
was once sittin' on the top of the world, / I really had things in my hands /
but something went wrong, I'm not sure what, / and now I'm sittin' here at home
alone». Il basso martellante e la voce ipnotica di Sandman reggono il filo del
discorso, ma il marchio di fabbrica sono i poderosi innesti del sassofono di
Dana Colley. Si ascolti in proposito la sesta traccia, All your way, per capire
di cosa sto parlando. La partenza bruciante di Honey white, col suo sassofono
trascinante, lascia il segno, al punto che a venticinque anni di distanza
ancora ci chiediamo come mai non sia diventata una hit mondiale. Il trittico
Scratch, Radar e Whisper, invece, rievoca atmosfere brumose di quieto rimpianto.
All your way, lo ribadisco, è un altro dei momenti migliori dell'album, ma
l'apice è probabilmente Super sex, pezzo dalla straordinaria carica erotica,
non a caso utilizzato da Carlo Verdone in una celebre scena del suo Viaggi di
nozze. Il ritmo è travolgente e la voce di Sandman si fa insinuante, evocando
immagini di motel di terza categoria, bottiglie di whisky scolate senza ritegno
e appuntamenti galanti in discoteche che trasudano sesso a buon mercato. Degna
di nota la traccia conclusiva, la ballata acustica Gone for good, in cui i
Morphine dimostrano di saper uscire fuori dal proprio recinto.
La maggior parte delle
riviste e delle enciclopedie del settore non includono mai un disco dei
Morphine tra quelli che bisogna necessariamente possedere in una collezione
ideale. Il gruppo dello sfortunato Sandman sconta una certa ritrosia ad
omologarsi alle leggi del mercato, o forse semplicemente l'amara sorte di chi
ha portato avanti un discorso coraggioso in un'epoca, gli anni Novanta, in cui
già si intravedevano i prodromi di quella profonda crisi d'identità e
d'ispirazione che oggi stiamo vivendo. Per chi volesse conoscere i Morphine, Yes
è il giusto punto di partenza, perché sa coniugare un sound rifinito e innovativo
con una capacità di assimilazione che dovrebbe conquistare anche l'orecchio
meno educato.
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