Leggendo questo romanzo
giovanile di Coe ho avuto l'impressione di un divario tra le probabili
intenzioni dell'autore e il risultato finale. Cercherò di spiegare meglio il
concetto, sicuramente opinabile al pari di ogni altra considerazione personale.
L'amore non guasta è un romanzo ambizioso, che cerca di affrontare a gamba tesa
e senza giri di parole alcune tematiche tra le più dibattute e controverse: la
depressione, il suicidio, il senso profondo dell'amore, l'amicizia tradita, il
fallimento individuale e collettivo. E lo fa con una storia cruda e amara, che
lascia poco all'immaginazione e si impone sul lettore come un pugno allo
stomaco, volutamente. Prima ancora della trama, si consideri brevemente la
struttura dell'opera: la storia è raccontata da almeno sei punti di vista
differenti, come pezzi di un puzzle di ardua composizione. L'intreccio è
complicato da continue analessi e veri e propri “racconti nel racconto”, che
forniscono ulteriori punti di vista, a volte confondendo persino il lettore
scrupoloso. In questo senso è un romanzo ambizioso, perché Coe non si è
accontentato di vestire i panni del narratore tradizionale, ma ha voluto
affrontare tematiche spinose in maniera innovativa, o comunque non banale.
Sembra quasi che la struttura del libro si adatti alla multiforme complessità
del reale.
Terminata la lettura, ci si interroga se la scelta dell'autore sia
stata felice; la risposta non può che essere interlocutoria, almeno secondo il
mio punto di vista. Prevale forse una certa confusione di fondo, l'impressione
di non aver capito tutto, di aver solo parzialmente approfondito gli spunti di
riflessione lanciati da Coe. Eppure, non si sente la necessità di rileggerlo da
capo, perché si intuisce che quanto l'autore voleva dire sarebbe stato
compiutamente espresso nei lavori successivi, da La banda dei brocchi a La
famiglia Winshaw. Come ho scritto altrove, lo scrittore britannico ama la complessità dell'intreccio, resa dal continuo succedersi dei
narratori e intersecarsi dei punti di vista, che rende talvolta macchinosa la
trama. Questo meccanismo è già presente ne L'amore non guasta, ma sarà
perfezionato nei lavori a venire, diventando una sorta di marchio di fabbrica. Riallacciandomi
all'incipit della recensione, è qui che si nota un divario tra le intenzioni di
Coe e la resa finale, tanto temerarie le prime da non essere messe
definitivamente a fuoco.
Parlando brevemente della trama, tutta la vicenda
ruota intorno alla figura di Robin, eroe tragico e sensibile, destinato
inevitabilmente alla sconfitta. Siamo a Coventry, in piena epoca thatcheriana;
Robin è un giovane alle prese da oltre quattro anni con la stesura della tesi
di dottorato, mai terminata e forse mai davvero iniziata. Il ragazzo è affetto
da un oscuro male di vivere, causato da continui fallimenti nello studio, nelle
amicizie, nella scrittura, nell'amore. Ed è in particolare un vecchio amore non
corrisposto a costituire la miccia di un corto circuito mentale che lo condurrà
a un tragico finale. La sua vicenda viene narrata da soggetti terzi: un vecchio
amico, un collega di università, un'amica indiana, un'avvocatessa che ha preso
a cuore una sua vicenda giudiziaria. Le voci di questi personaggi sono
intervallate dai racconti scritti da Robin, utilizzati come strumento per
cercare di dipanare il mistero che avvolge la sua figura. Proprio in questo
canto corale si manifesta la peculiare struttura del romanzo, come ho già
evidenziato.
Non consiglio la lettura di questo romanzo a quanti vogliano
avvicinarsi per la prima volta a Jonathan Coe; si corre il rischio di rimanere
interdetti, forse persino delusi. Sarebbe preferibile iniziare da La banda dei
brocchi, oppure dal leggero e divertente Questa notte mi ha aperto gli occhi. Ciononostante,
L'amore non guasta è un libro che prima o poi va affrontato, perché proprio nell'imperfezione
si cela il suo punto di forza. Un po' come Robin, un po' come tutti gli altri
personaggi, un po' come noi tutti.
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