Leggendo i
commenti degli utenti di YouTube sotto i video dei Buffalo Tom, ricorre spesso
l'aggettivo “underrated”, ossia “sottovalutati”. In effetti il terzetto
bostoniano, tuttora attivo sulle scene, rimane un nome di nicchia, ignorato dai
più e ricordato al massimo con qualche breve trafiletto sulle enciclopedie del
rock. Il periodo è quello che ha visto esplodere band come Dinosaur Jr. e
Pixies, che hanno raggiunto la fama o comunque una certa notorietà. Pur
rientrando nel medesimo calderone del rock alternativo di fine anni Ottanta /
inizio Novanta, i Buffalo Tom non sono mai riusciti a salire alla ribalta, nonostante
un pugno di buoni album e una manciata di ottime ballate. Si ascolti in
proposito Summer, che pure appartiene alla stagione più tarda.
Il gruppo
si è formato nel 1986 e ha mantenuto sempre la stessa formazione. Bill Janowitz
(chitarra e voce), Christopher Colbourn (basso) e Tom Maginnis (batteria)
avevano assimilato la scuola del post-punk e del nascente grunge, ma volevano
ammansire il suono per adattarlo a un gusto meno estremo, soffusamente malinconico.
Ecco allora canzoni che strizzano l'occhio alla melodia, pur indulgendo
talora in selvagge bordate chitarristiche. È questo il
suono dei Buffalo Tom, che partono da una matrice college rock profondamente
americana per avventurarsi nella corrente alternativa del
decennio 1990-1999, con le sue nervose divagazioni elettriche. I Buffalo Tom si
muovevano coraggiosamente in questa terra di nessuno, troppo puliti per i più
intransigenti, troppo alternativi per conquistare il grande pubblico dei
passaggi radiofonici.
Il disco
di cui voglio parlare, Big red letter day (1993), è il quarto della loro
discografia, che ad oggi conta soltanto nove episodi. Abbandonata la
supervisione e la produzione di J Mascis, con questo lavoro i bostoniani puntavano
alla maturità artistica e (perché no) a qualche passaggio radiofonico con pezzi
meno sperimentali e più orecchiabili. Il terzetto fa affidamento alla formula
consolidata chitarra-basso-batteria, anche se non mancano innesti di organo
hammond e persino cori femminili (in Tree house). La puntuale sezione ritmica di
Colbourn/Maginnis è la base su cui si impongono le chitarre di Janovitz, ora
melodiose ora disturbate. Quest'ultimo non ha la prestanza o la potenza della
rockstar, ma una voce carica di espressività e pathos, che regala intense emozioni
(I'm allowed su tutte).
In questo
lavoro si evidenzia l'alternanza tra dolcezza e furore che, come detto,
costituisce il marchio di fabbrica della loro maturità. Ci sono in egual misura
pezzi tiratissimi e morbide ballate, a evidenziare le due anime del trio. Un'analisi
traccia per traccia è superflua, perché di fatto tutte le canzoni si mantengono
sullo stesso pregevole livello, senza tuttavia far gridare al miracolo. Spicca la
stupenda I'm allowed, una ballata elettrica tra le più intense degli ultimi
trent'anni, che meriterebbe di essere inserita in ogni raccolta di rock
alternativo che si rispetti. Pregevoli le altre tracce “soffici”: Late at night,
Anything that way e Would not be denied. Quando invece i Buffalo Tom premono
sull'acceleratore, i risultati non sono sempre apprezzabili: promosse Sodajerk
e Torch singer, poco convincenti Dryland e Tree house.
Big red letter day è un buon disco, diviso
tra i poli antinomici della spensieratezza e della sottile malinconia. Terminato
l'ascolto, ci si chiede per quale ragione non sarà facile dimenticare i Buffalo
Tom, che avranno sempre un posto speciale nel nostro cuore. Sarà perché ci
ricordano i tempi dell'università, qualcosa che abbiamo vissuto o avremmo
voluto vivere, gli anni Novanta, la fine della prima giovinezza, l'amara
scoperta di sé. Canta bene Janowitz in I'm allowed: «waited for an answer / but I waited for
twenty five years; / they stopped my bleeding / but could never stop all those
tears». Big red letter
day non è facile da reperire, anche se è stato ristampato in vinile nel 2018,
in occasione dei venticinque anni dalla sua uscita. Io ho trovato la prima
stampa italiana del 1993, un LP in buone condizioni all'onesto prezzo di
venticinque euro.
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