Chi percorre il caotico Viale Castrense
in direzione San Giovanni provenendo dalla Tangenziale Est, in prossimità
dell'incrocio con Via Nola ha modo di intravedere sulla destra una struttura quasi
interamente inglobata nelle Mura aureliane, che tuttavia mantiene la propria
identità. Si tratta dei resti dell'Anfiteatro Castrense, l'unico anfiteatro
conservato a Roma, sia pure parzialmente, assieme al ben più celebre
Colosseo.
Oggi ciò che rimane dell'antica arena
funge da muro di cinta dell'orto del convento adiacente la Basilica di Santa
Croce in Gerusalemme, costruita a ridosso delle Mura aureliane.
Dove una volta si tenevano i ludi, oggi sorge un angolo di paradiso verde
curato dai monaci dell'antico convento fondato da Benedetto VII intorno al 980
d.C.
La Basilica di Santa Croce in Gerusalemme
L'orto/giardino del convento
Il muro di cinta dell'orto, che si congiunge con l'Anfiteatro
L'Anfiteatro Castrense è di età
severiana, dunque di poco precedente le mura in cui è stato inglobato. Date
le sue notevoli dimensioni (88x75 m), è considerato uno dei monumenti più
importanti e imponenti incorporati nella cinta. Secondo la tradizione, lo fece costruire l'eccentrico imperatore Eliogabalo, in posizione sopraelevata
all'interno degli Horti Variani. L'aggettivo castrense deriverebbe dal termine
castrum, inteso però come residenza imperiale; potremmo pertanto definirlo “l'anfiteatro
della dimora dell'imperatore”. Secondo le ricostruzioni degli archeologi, era di forma ellittica con l'arena al centro circondata dalla cavea,
ossia le gradinate ove sedeva il pubblico. L'edificio poteva contenere più di
tremila spettatori. Si pensa che ivi si svolgessero sia i giochi dei gladiatori
che le venationes, ossia le cacce di animali. All'esterno aveva tre piani
corrispondenti ad altrettanti ordini. Gli ingressi erano quattro, compreso
quello celebrativo destinato all'accesso dell'imperatore. Venne costruito
interamente in laterizio e presentava quarantotto arcate inquadrate da
semicolonne corinzie; i pochi resti del secondo ordine sono invece scanditi da
lesene, su cui poggiavano mensole di travertino con la funzione di sorreggere
il velarium, ossia la tenda che proteggeva gli spettatori dal sole. Da scavi
recenti si è appreso che l'arena aveva una dimensione di circa 70x50 metri,
pavimentata con tavolati di legno mobili al di sotto dei quali c'erano i locali
ipogei di servizio, destinati alla custodia degli animali e degli strumenti di
scena.
La decadenza fu repentina. Con la
costruzione delle Mura aureliane tra il 271 e il 275 d.C. l'anfiteatro fu
inglobato nella cinta difensiva, perdendo definitivamente la sua funzione. Col
passare dei secoli ciò che ne rimaneva subì ulteriori drastici
ridimensionamenti. Sotto il pontificato di Paolo IV, intorno alla metà del XVI
secolo, furono abbattuti il secondo e il terzo ordine nell'ottica di
razionalizzazione del sistema difensivo della città. Ancora nel corso del XVIII
secolo vi furono ulteriori interventi destinati a mutarne la fisionomia, per
via dei lavori di ampliamento del contiguo convento dei monaci cistercensi, che
installarono il loro orto/giardino nell'arena, come ci appare tuttora. Rimangono
porzioni di fondamenta, le arcate murate, i capitelli in laterizio e il muro
circolare di sostegno, che raccontano al distratto passante una storia
affascinante di splendore, decadenza, morte e rinascita.
Le fotografie sono liberamente
riproducibili, purché ne venga citata la fonte. Le informazioni di
carattere storico sono tratte dai cartelli esplicativi presenti in loco, nonché
dalla Guida d'Italia – Roma del Touring Club Italiano.
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