22 febbraio 2022

"Words from the front", Verlaine fedele alla linea

Registrato al Blue Rock Studio di New York, Words from the front (1982) è il terzo album da solista di Tom Verlaine, dopo l'eponimo esordio nel 1979 e Dreamtime del 1981. Il disco è composto da sole sette tracce, tutte scritte dall'ex chitarrista dei Television, che ne ha curato anche la produzione. Ridotto il parterre dei collaboratori: Thommy Price alla batteria, Joe Vasta al basso e Jimmy Ripp alla seconda chitarra. Da segnalare, in Clear it away, la presenza di due ospiti d'eccezione come Jay Dee Daugherty, già batterista di Patti Smith, e Fred Smith al basso, vecchio compagno coi Television.
Words from the front è un disco che ha dato luogo a giudizi discordi, tra chi lo considera ripetitivo di schemi già sentiti nei precedenti album e chi invece lo ritiene un gradino sopra, un ulteriore perfezionamento di una tecnica personale e raffinatissima. Come spesso accade, la virtù sta nel mezzo. È indubbio che Verlaine le cose migliori le abbia fatte coi Television; non a caso, Marquee moon è un disco epocale e rivoluzionario, uno dei pochi che davvero possano definirsi seminali. Liberato dai lacciuoli che inevitabilmente ci sono in una band, il chitarrista statunitense ha cercato di seguire una propria strada senza tuttavia rinnegare il passato. Il risultato sono dischi da solista in cui emerge incontrovertibilmente quanto lui fosse la mente e il deus ex machina dei Television, il cui discorso prosegue idealmente anche dopo lo scioglimento. In Words from the front si alternano le due anime di Tom, diviso tra un passato ingombrante ma di successo e un futuro tutto da scrivere, senza tuttavia abbandonare gli stilemi di una tecnica chitarristica riconoscibile tra mille. E così, mentre il lato A richiama con ogni evidenza il recente passato, la seconda facciata è un coraggioso salto nel vuoto.
Il disco si apre con Present arrived, dall'incedere quasi funk, che si fonda sulla ripetizione ossessiva dello stesso giro di accordi a creare un effetto straniante. Da segnalare il gran lavoro alla batteria di Thommy Price, che di lì a poco sarebbe entrato nella band di supporto a Billy Idol. La successiva Postcard from Waterloo è un gioiello che ricorda smaccatamente le cose migliori a marchio Television, con un testo ricco di simbolismi. True story è un altro gran bel pezzo dalle atmosfere new wave: un tappeto essenziale di basso e batteria su cui si stagliano le scariche elettriche della chitarra. Il lato B si apre con la canzone che dà il titolo all'album. Qui, più che altrove, Tom mette in mostra le sue doti: il cantato passa in secondo piano, diventa quasi recitazione, mentre la chitarra si prende la scena con fraseggi puliti e due meravigliosi assoli. Coming apart è invece un mero intermezzo, che prepara il maestoso finale. Days on the mountain ci regala nove minuti di cavalcata nella mente di Tom. Stavolta la sua chitarra si eleva sopra un soffice tappeto elettronico, in un'esecuzione impeccabile, perfino leziosa. Qui siamo ben oltre il punk: è un pezzo di algida perfezione teutonica, dove tutto combacia senza strappi nonostante la lunga durata. Verlaine si muove con circospezione in un terreno ancora inesplorato, rimanendo però sempre fedele alla linea. C'è sperimentazione e innovazione, ma l'impressione è che tutto sia magnificamente sotto controllo.
Già solo il fatto che si tratta di un album di Tom Verlaine dovrebbe essere sufficiente per spingerci all'ascolto. Le intuizioni non mancano e ci sono almeno tre/quattro pezzi che meritano, su tutti la title track. Il vinile a suo tempo venne stampato anche dalla Virgin italiana, per cui si trova a prezzi più che accessibili. Ne consiglio l'acquisto, ma solo a chi ha già avuto modo di apprezzare i mitici Television.

Nessun commento:

Posta un commento

Commenta l'articolo!