Registrato al Blue Rock Studio di New
York, Words from the front (1982) è il terzo album da solista di Tom Verlaine,
dopo l'eponimo esordio nel 1979 e Dreamtime del 1981. Il disco è composto da
sole sette tracce, tutte scritte dall'ex chitarrista dei Television, che ne ha
curato anche la produzione. Ridotto il parterre dei collaboratori: Thommy Price
alla batteria, Joe Vasta al basso e Jimmy Ripp alla seconda chitarra. Da
segnalare, in Clear it away, la presenza di due ospiti d'eccezione come Jay Dee
Daugherty, già batterista di Patti Smith, e Fred Smith al basso, vecchio
compagno coi Television.
Words from the front è un disco che
ha dato luogo a giudizi discordi, tra chi lo considera ripetitivo di schemi già
sentiti nei precedenti album e chi invece lo ritiene un gradino sopra, un
ulteriore perfezionamento di una tecnica personale e raffinatissima. Come
spesso accade, la virtù sta nel mezzo. È indubbio che Verlaine le cose
migliori le abbia fatte coi Television; non a caso, Marquee moon è un disco
epocale e rivoluzionario, uno dei pochi che davvero possano definirsi seminali.
Liberato dai lacciuoli che inevitabilmente ci sono in una band, il chitarrista
statunitense ha cercato di seguire una propria strada senza tuttavia rinnegare il
passato. Il risultato sono dischi da solista in cui emerge incontrovertibilmente
quanto lui fosse la mente e il deus ex machina dei Television, il cui discorso
prosegue idealmente anche dopo lo scioglimento. In Words from the
front si alternano le due anime di Tom, diviso tra un passato ingombrante ma
di successo e un futuro tutto da scrivere, senza tuttavia abbandonare gli
stilemi di una tecnica chitarristica riconoscibile tra mille. E così, mentre il lato A richiama con ogni evidenza il recente passato, la
seconda facciata è un coraggioso salto nel vuoto.
Il disco si apre con Present arrived,
dall'incedere quasi funk, che si fonda sulla ripetizione ossessiva dello stesso
giro di accordi a creare un effetto straniante. Da segnalare il gran lavoro
alla batteria di Thommy Price, che di lì a poco sarebbe entrato nella band di
supporto a Billy Idol. La successiva Postcard from Waterloo è un gioiello che
ricorda smaccatamente le cose migliori a marchio Television, con un testo ricco
di simbolismi. True story è un altro gran bel pezzo dalle atmosfere new wave:
un tappeto essenziale di basso e batteria su cui si stagliano le scariche
elettriche della chitarra. Il lato B si apre con la canzone che dà il titolo
all'album. Qui, più che altrove, Tom mette in mostra le sue doti: il cantato
passa in secondo piano, diventa quasi recitazione, mentre la chitarra si prende
la scena con fraseggi puliti e due meravigliosi assoli. Coming apart è invece
un mero intermezzo, che prepara il maestoso finale. Days on the mountain ci
regala nove minuti di cavalcata nella mente di Tom. Stavolta la sua chitarra si
eleva sopra un soffice tappeto elettronico, in un'esecuzione impeccabile,
perfino leziosa. Qui siamo ben oltre il punk: è un pezzo di
algida perfezione teutonica, dove tutto combacia senza strappi nonostante la
lunga durata. Verlaine si muove con circospezione in un terreno ancora
inesplorato, rimanendo però sempre fedele alla linea. C'è sperimentazione e innovazione, ma l'impressione è che tutto
sia magnificamente sotto controllo.
Già solo il fatto che si tratta di un
album di Tom Verlaine dovrebbe essere sufficiente per spingerci all'ascolto. Le
intuizioni non mancano e ci sono almeno tre/quattro pezzi che meritano, su
tutti la title track. Il vinile a suo tempo venne stampato anche dalla Virgin
italiana, per cui si trova a prezzi più che accessibili. Ne consiglio l'acquisto,
ma solo a chi ha già avuto modo di apprezzare i mitici Television.
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