3 luglio 2022

Roma da (ri)scoprire n. 6: Sant'Alfonso all'Esquilino

Come ho già scritto in altri articoli, a Roma ci sono innumerevoli tesori che si collocano ai margini dei consueti giri turistici. Sono chiese, monumenti, edifici e manufatti di grande valore, che tuttavia patiscono la concorrenza di altre e più blasonate opere d'arte. Oggi vorrei parlare brevemente di una chiesa tra le meno note, nonostante la scenografica posizione rialzata rispetto al piano stradale.
La chiesa di Sant'Alfonso de' Liguori si trova su Via Merulana, la lunga strada alberata che collega due tra le basiliche più importanti della Capitale, San Giovanni e Santa Maria Maggiore. Considerando questi due poli di attrazione turistica e spirituale, gli altri quattro edifici religiosi che si incontrano lungo la via passano inevitabilmente in secondo piano. Si tratta delle chiese di Sant'Antonio, Sant'Anna al Laterano, Santi Marcellino e Pietro e appunto di quella dedicata a Sant'Alfonso de' Liguori (1696-1787). Poiché porto il suo nome, è a questo tempio che voglio dedicare la mia attenzione.
La scenografica facciata

La celebre Guida rossa del Touring Club Italiano la definisce «il primo esempio pubblico di gothic revival nell'architettura religiosa romana». La chiesa misura 42x14 metri, fu eretta negli anni 1855-59 su progetto dell'architetto scozzese George Wigley e successivamente modificata tra il 1898 e il 1900 da Maximilian Schmalz. La facciata è a due ordini, quello in basso in travertino e il sopraelevato in mattoni. Due sono le caratteristiche che attirano l'occhio del visitatore: l'arcata ogivale che inquadra il rosone e il delizioso protiro a tre ingressi. I timpani dei tre ingressi sono decorati: al centro campeggia un mosaico della Vergine del Perpetuo Soccorso, mentre ai lati ci sono due bassorilievi che raffigurano Sant'Alfonso e un altro Santo redentorista. Non bisogna infatti dimenticare che a destra della chiesa sorge la Casa generalizia dei Missionari Redentoristi, la congregazione fondata proprio dal Santo campano nel 1732. Sulla cuspide del timpano centrale si eleva invece una statua del Redentore in marmo di Carrara.
Particolare del protiro

L'interno presenta una grande navata centrale e due piccole navate laterali, divise da colonne rivestite di marmi policromi; su ogni lato si aprono sei cappelle intercomunicanti. I soprastanti matronei, così come tutta la decorazione in marmi policromi, stucchi e pitture (opera di Maximilian Schmalz), risalgono ai restauri di fine Ottocento. Spiccano i confessionali, opera del fine ebanista Gerardo Uriati, nonché le finestre in vetro istoriato del frate francese Marcellino Leforestier. Sull'arco che delimita la zona del presbiterio è notevole l'affresco L'incoronazione della Vergine tra gli Angeli e i Santi Redentoristi, completato nel primo Novecento da Eugenio Cisterna. Degno di nota è anche il grande mosaico che riveste l'abside, raffigurante il Redentore tra la Vergine e San Giuseppe; si tratta di un'opera recente, terminata nel 1964.
La navata centrale

Particolare di una cappella laterale

Il vero motivo per cui questa chiesa merita una visita è tuttavia un altro e misura appena 54x41 centimetri. Sono queste le dimensioni di una veneratissima icona bizantina su legno di scuola cretese, risalente al XIV secolo. É l'icona della Madonna del Perpetuo Soccorso, tra le più celebri e venerate di Roma. Secondo la leggenda, la tavola fu trafugata dall'isola di Creta da un mercante che la trasportò a Roma a bordo di una nave. Il titolo di “Perpetuo Soccorso” le fu dato per la prima volta nella chiesa di San Matteo (oggi non più esistente), dove la tavola fu custodita dal 1499 al 1798. In quell'anno la cappella fu distrutta dalle truppe francesi e l'immagine venne trasferita nella chiesa di Santa Maria in Posterula, dove rimase pressoché dimenticata per settant'anni. Quando i Redentoristi acquistarono il terreno dove un tempo sorgeva la cappella di San Matteo, decisero di riportare la Madonna del Perpetuo Soccorso nella sua primitiva “casa” romana. Fu così che venne trasferita nella chiesa di Sant'Alfonso di nuova costruzione e il 26 aprile del 1866 fu esposta al culto dei fedeli. Da allora è una delle più celebri immagini della Vergine, venerata in tutto il mondo. L'icona è custodita in una teca sopra l'altare principale, per cui è abbastanza difficoltoso ammirarla. I Redentoristi hanno tuttavia provveduto a una riproduzione che si trova nel presbiterio, al termine della navata di destra. Tra i tanti significati simbolici, è soprattutto un particolare ad attirare l'attenzione del visitatore, ossia il sandalo che cade dal piede destro del Bambinello, lasciandolo scalzo. Si tratta di un'originale soluzione pittorica a voler significare che Dio ha camminato per le strade del mondo attraverso suo Figlio Gesù, divinità incarnata nella storia umana.
L'altare, dove si trova l'icona
Riproduzione dell'icona
La sagrestia

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