Il Novecento è stato un secolo fecondo e forse irripetibile per la letteratura italiana. Tantissimi i nomi di primo piano, altrettanti gli autori che hanno ottenuto riconoscimenti in vita e poi sono stati un po' dimenticati dal grande pubblico e dagli editori. Giorgio Saviane (1916-2000) è uno di questi. Veneto di nascita e fiorentino d'adozione, ha esercitato a lungo la professione di avvocato, affermandosi in letteratura col romanzo Il papa (1963), vincitore del Campiello. Il passo lungo (1965), Il mare verticale (1973) e Eutanasia di un amore (1976) sono altri suoi libri di successo.
Il passo lungo è quello di Carola, quando altezzosa e sicura camminava sulla spiaggia di Follonica prima che la guerra mutasse irrimediabilmente i destini di ciascuno. E lungo è anche il passo della veneziana Giulia, che si muove rapida tra calli e campielli nello splendore dei suoi diciannove anni. L'unico in grado di riconoscere il passo delle due ragazze è Alberto, protagonista e narratore in prima persona di una vicenda che si snoda tra gli anni del fascismo e quelli che seguono il secondo conflitto mondiale. Alberto è di Castelfranco e proviene da una famiglia della media borghesia veneta ancorata a due inossidabili monoliti: il denaro e la moralità. A dominare sul nucleo familiare è la figura vizza e autoritaria della nonna, sebbene le sostanze siano di fatto amministrate dai due figli maschi, zii di Alberto. Sono loro i dispensatori del tanto agognato "valsente", per cui è a costoro che il ragazzo deve rispetto e obbedienza pur di ottenere a fine mese una piccola somma per le sue esigenze. Ogni deviazione rispetto alla rigida morale familiare (invero tutta di facciata) determina una decurtazione del credito mensile. Ed è per il timore di perdere il denaro che gli ardori giovanili di Alberto vengono puntualmente castrati e le sue timide rimostranze ridotte al silenzio. Tanto severi e grifagni sono gli zii, quanto amorevole e generoso è invece il padre Stanislao, tuttavia povero di sostanze e a sua volta sottomesso alle scelte dei cognati. Alberto è perdutamente innamorato di Carola, conosciuta durante le lunghe vacanze estive a Follonica, ma rinuncia a sposarla proprio per compiacere gli zii e non inimicarseli. Sono loro a dissuaderlo dal proposito, ancorati alla rigida morale piccolo-borghese che vuole che l'uomo sia economicamente "sistemato" prima di prendere moglie. La perdita di Carola è l'evento che segna l'esistenza di Alberto: egli non dimentica la ragazza e passa i successivi quindici anni all'inseguimento del suo fantasma nel ricordo dei giorni radiosi trascorsi a Follonica.
Né la guerra e la Resistenza, né il trasferimento a Firenze e il successo nella professione di medico attenuano l'ossessione di Alberto: tutte le sue giornate trascorrono nell'attesa di Carola. Si convince infine di averla ritrovata in Giulia, una donna molto più giovane che di Carola ha il medesimo passo lungo. La sua ricerca non è retta soltanto da ragioni sensuali: attraverso il fantasma di Carola e la corporeità di Giulia, Alberto si illude di riappropriarsi della giovinezza perduta e dell'epoca spensierata in cui era se stesso senza le sovrastrutture imposte dalla sua professione e dalle responsabilità che ne conseguono.
Saviane lancia con questo volume un'impietosa invettiva contro la media borghesia italiana ricca di sostanze ma povera di contenuti, incapace di slanci ideali e tenacemente aggrappata all'apparenza di una morale stantia. Tuttavia questa morale ha una sua forza attrattiva, è allettante e vischiosa al punto che ribellarsi non è solo un atto di disobbedienza, ma una prova di forza che riesce solo a metà. Alberto è l'emblema di questo fallimento, lui che ha sacrificato la sua felicità al rispetto di regole indigeste.
Il passo lungo è certamente un romanzo d'amore, sebbene si tratti di una definizione riduttiva che non rende completamente l'idea. Più nello specifico, è un romanzo sulla forza dirompente delle passioni, sulla loro capacità di orientare i destini umani verso esiti tragici e involontari. Saviane identifica nel denaro e nella sensualità due tra queste passioni divoratrici, e in effetti l'esistenza dei suoi personaggi è dilaniata da entrambe. Solo la figura di Stanislao si eleva al di sopra delle passioni, è lui il personaggio meglio riuscito del libro. Proprio colui che gli altri indicano come inetto e coglione, rivela un'onestà e un'indipendenza di pensiero che lo elevano moralmente al di sopra della suocera, del figlio e dei cognati.
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