Ci sono concetti che diamo per scontati, affermazioni perentorie che riteniamo non possano essere messe in discussione, quasi appartengano all'ordine naturale delle cose, anziché essere un prodotto culturale e umano. Tra queste c'è l'assioma reato/pena detentiva, ossia la convinzione che a fronte della commissione di un delitto l'unica reazione giusta e doverosa sia la carcerazione. Ma è davvero così?
«Diamo per scontate le prassi punitive, anche se non sempre siamo in condizione di comprendere con facilità se certe reazioni abbiano davvero un significato punitivo.»
Il nome di Giovanni Fiandaca è conosciuto tra gli operatori del diritto, tra quanti abbiano studiato diritto penale nelle facoltà di giurisprudenza, o abbiano fatto ingresso almeno una volta in un'aula di tribunale in qualità di giudice, avvocato o cancelliere. Professore emerito di Diritto penale all'Università di Palermo, ha ricoperto, tra gli altri, gli incarichi di membro del CSM e Garante dei diritti dei detenuti per la Regione Sicilia. Gli studenti lo conoscono soprattutto per il celebre manuale di diritto penale scritto insieme a Enzo Musco, tuttora adottato in molti atenei. Di recentissima pubblicazione (gennaio 2024) è il breve saggio Punizione, uscito nella collana "Parole controtempo" de Il Mulino, volumetti che analizzano con taglio critico e al tempo stesso divulgativo una serie di parole "antiche" che tuttavia rivestono ancora un profondo significato. Nel corso del tempo sono stati pubblicati libri dai titoli eloquenti, come Occidente, Educazione, Lavoro, Passato, Saggezza e numerosi altri.
Il saggio è suddiviso in quattro parti. Le prime tre offrono un quadro complessivo sulla teoria generale della pena dall'età antica al presente, con uno sguardo sulle prospettive future. Fiandaca presenta un breve excursus dei principali orientamenti di giustizia retributiva, prestando al contempo attenzione ai futuri sviluppi della cosiddetta giustizia riparativa, di recente inserita anche nel nostro codice di procedura penale e nella legge di ordinamento penitenziario n. 354/1975. Ci sono inoltre stimolanti spunti extragiuridici, sul concetto di punizione in ambito filosofico, educativo, pedagogico e religioso. L'ultima parte è dedicata alla pena per eccellenza dell'epoca moderna, il carcere. Realtà ben conosciuta dall'autore per la sua esperienza, o sarebbe meglio definire missione, di Garante regionale dei diritti dei detenuti. Come noto, l'art. 27 della Costituzione assegna alla pena il compito di "tendere alla rieducazione del condannato". Fiandaca ne approfitta allora per tornare al tema principale del libro: se la pena deve essere rieducativa, può la detenzione assolvere davvero a tale compito? O non sarebbe meglio, salvo alcuni reati di grande allarme sociale, preferire forme alternative di esecuzione penale?
Come si evince, Punizione è un saggio che stimola la riflessione, mettendo in dubbio le certezze consolidate di cui parlavo all'inizio. Si leggano in proposito le lucide parole contro una delle tendenze più perniciose della nostra epoca, il populismo penale alimentato da alcune forze politiche e dall'influenza suadente dei mezzi di comunicazione di massa.
«Il grande paradosso evidenziato sin dalla premessa di questo libro deriva dalla coesistenza, nell'attuale momento storico, di due tendenze di fondo opposte: da un lato una contingente deriva punitivista, figlia di un populismo politico che tende appunto a canalizzare in chiave repressivo-ritorsiva sentimenti di rabbia, indignazione, risentimento e frustrazione diffusi nei settori sociali più svantaggiati; dall'altro, un'accresciuta consapevolezza, da parte di molti esperti a vario titolo di questioni penali, che le forme tradizionali di pena forniscono una risposta sempre meno adeguata e soddisfacente in termini sia di giustizia che di efficace contrasto alla criminalità.»
Un'ultima notazione va fatta riguardo ai destinatari. L'autore tiene a precisare che è un volume dal taglio divulgativo, volto a destare la curiosità dei non addetti ai lavori intorno al tema della pena. E in effetti bisogna riconoscere che il libro fornisce interessanti spunti di riflessione e risponde a molte domande, ma soprattutto pone dubbi, lasciando al lettore la possibilità di interrogarsi intorno alle tematiche trattate. Per quanto riguarda i giuristi, a mio avviso può essere un utile ripasso di teoria generale della pena, di caratura decisamente superiore ai vari compendi e manualetti in circolazione. Se dunque è principalmente indirizzato ai profani del diritto, sono certo che sarà apprezzato anche da avvocati, giuristi e operatori penitenziari. Particolarmente consigliato per questi ultimi, in ragione delle pagine contenenti una lucida analisi della realtà inframuraria italiana.
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