La recente ristampa di Insidia a cura della Saifam è al contempo un atto di giustizia e un'operazione nostalgia. Atto di giustizia perché il secondo e penultimo album con Cabo alla voce non era mai stato ristampato dal 2001, sebbene sia considerato il migliore della trilogia senza Piero Pelù. Un'operazione nostalgia per quanti all'epoca erano adolescenti e ricordano il disco con affetto, perché, si sa, col tempo si apprezza di più ciò che appartiene ai giorni spensierati della giovinezza. Come ricorderà chi ha quarant'anni o più, la separazione tra Ghigo e Piero nel 1999 fu uno shock per i fan, da cui derivò una lacerazione tra chi appoggiò il nuovo corso e chi invece considerò i Litfiba morti e sepolti. Se la nuova incarnazione della band non decollò mai veramente, forse ciò dipese dalla scelta di mantenere il nome, rivelatasi un'arma a doppio taglio. Per quanto Gianluigi Cavallo fosse un ottimo musicista e un carismatico vocalist, i "nuovi" Litfiba non avrebbero potuto reggere il confronto con la propria storia ventennale, il fantasma di Piero e capolavori come Desaparecido e 17 Re.
Il primo album della nuova ditta Cabo & Ghigo si intitolava Elettromacumba ed era un lavoro ancora acerbo, con qualche buona intuizione ma non esaltante. Con Insidia il nuovo corso visse il suo momento più alto, dando alle stampe un disco intenso, vario, espressione di un rock forse non originalissimo, ma diretto e schietto, senza compromessi. Rispetto al precedente lavoro cambiò il batterista: Ugo Nativi fu sostituito da Gianmarco Colzi. Gianluigi Cavallo alla voce, Ghigo Renzulli alle chitarre e Gianluca Venier al basso completavano la formazione. Sebbene sia presente qualche innesto elettronico (Ruggine), è un disco prettamente elettrico con venature hard-rock e dark. D'altronde, si vocifera che alla base della separazione tra Ghigo e Piero ci sarebbero stati diverbi artistici, volendo il primo seguire la strada maestra del rock, laddove il secondo avrebbe preferito cimentarsi in sonorità più morbide sulla scia di Infinito.
Insidia è un disco valido dal primo all'ultimo solco, in cui anche i brani meno riusciti come Senza rete riescono a raggiungere la sufficienza. I primi cinque pezzi sono un crescendo di buone sensazioni. L'iniziale Mr. Hyde è una dichiarazione d'intenti che mette in chiaro dove si andrà a parare, ossia verso un rock solido che abbandona le trame pop di Infinito per recuperare le sonorità di Mondi sommersi (Dottor M. è il punto di riferimento più prossimo). La successiva, la title-track, viaggia su tappeti elettronici grazie alle tastiere del compianto Mauro Sabbione. Si ritorna alla ballata rock con La stanza dell'oro, non a caso scelta come singolo di lancio. Valida anche la successiva Nell'attimo, in cui sono evidenti gli echi di Spirito, a conferma della volontà di Ghigo di dare riconoscibilità e coerenza al progetto. La migliore del mazzo è, a mio avviso, Invisibile, una canzone che rivela l'intesa perfetta tra la voce di Cabo e la chitarra di Renzulli, che si diffonde in due begli assoli, impreziositi dall'inconfondibile wah wah. Si tratta del punto più alto dell'album, nonché, azzardo, una delle migliori canzoni dei Litfiba anni 1990/2000. La seconda parte del disco è meno incisiva, ma contiene comunque pezzi come Il branco (che anticipa le sonorità che caratterizzeranno il ritorno di Piero) e la conclusione soft di Oceano. In mezzo c'è Luce che trema, pezzo di quadrato hard-rock e duro atto d'accusa contro la pena di morte, nonché uno dei migliori testi di Cabo.
Con Insidia Ghigo & Cabo hanno esaurito la fase più feconda della loro collaborazione; non a caso, il successivo Essere o sembrare non ne è all'altezza. E se è vero che i testi sono meno incisivi di quelli di Pelù, va dato atto che in Insidia la voce di Cabo ha acquisito maggiore personalità, distaccandosi nettamente dal cantato "di maniera" di Elettromacumba.
Tornando a quanto scritto all'inizio della recensione, questa ristampa è dedicata specialmente a quanti nei primi anni Duemila hanno seguito le traversie dei Litfiba, dallo scioglimento alla ricomparsa con la nuova formazione. E così, inevitabilmente, a distanza di oltre vent'anni è possibile dare un giudizio più sereno di quegli eventi. Un giudizio necessariamente meno critico, se è vero che tutto ciò che è venuto dopo in ambito musicale ci consente di guardare a Insidia con affetto e benevolenza. Anche i successivi album con Pelù, Grande nazione del 2012 ed Eutòpia del 2016, sono inferiori, a giudizio di molti. E allora questa ristampa è graziosa benevolenza nei confronti di chi la reclamava come un ricordo postumo della giovinezza perduta. Ci fa comprendere che eravamo felici e non ce ne rendevamo conto.
La copertina della ristampa 2025

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