2 gennaio 2013

"Tutti giù per terra" di Giuseppe Culicchia: produci, consuma, crepa

Il talento di Giuseppe Culicchia venne scoperto dal grande Pier Vittorio Tondelli, che proprio agli scrittori giovanissimi dedicò il suo ambizioso progetto “Under 25”. L’incontro con Tondelli è raccontato in questo romanzo autobiografico, che ha rappresentato l’esordio letterario di Culicchia.    
L’opera narra le vicende di Walter, giovane irrequieto e insoddisfatto che nei primi anni Novanta vive il drammatico passaggio dalla scuola al mondo del lavoro. Sono anni di profonde trasformazioni storiche e sociali: il muro di Berlino è caduto e con esso il sistema alternativo di ideali che esso rappresentava, mentre in Occidente inizia ad affacciarsi un’altra terribile crisi, quella del capitalismo, che mostrerà la vacuità del sogno degli anni del boom economico e si trascinerà, con sempre maggiore drammaticità, fino ai giorni nostri. Proprio per questa ragione consiglio di leggere questo romanzo, perché racconta esperienze, quali il lavoro nero, l’emigrazione, la precarietà economica e affettiva, il crollo degli ideali, che sono quanto mai attuali. Si potrebbe anzi dire che Culicchia, raccontando il proprio presente, abbia in qualche modo anticipato il futuro. Il protagonista del romanzo rimane così impresso nella mente del lettore contemporaneo, specie se giovane e assillato dall’incubo della precarietà. Walter non è infatti figlio dei gommosi anni Ottanta, né dei sogni rivoluzionari del ’68; egli è il reduce della guerra scatenata da chi lo ha preceduto, minacciato dai mostri del capitalismo, del debito e del consumismo. La famiglia e il luogo di lavoro rappresentano il suo fronte, la scrittura e l’agognato amore l’impossibile riscatto.
La sua ribellione all’asservimento dei mezzi di comunicazione di massa ed alla massificazione imperante è però destinata a fallire. Alla fine anche lui, senza nemmeno capire come, si troverà rinchiuso in quella gabbia da cui aveva cercato eroicamente di sfuggire.
“Produci-consuma-crepa” cantavano più o meno in quegli anni i compianti CCCP di Giovanni Lindo Ferretti. Sarebbe questa la giusta colonna sonora del romanzo, che non esiterei a definire punk fin nel midollo.

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