La complessa vicenda storica nota
con il nome di Risorgimento è stata oggetto, nel corso del secolo e mezzo di
storia unitaria, di valutazioni diverse, spesso contrastanti. Ai toni
agiografici e celebrativi dei primi anni, rafforzati dal ventennio fascista che
considerò il Risorgimento un totem di cui era vietato parlar male, sono poi
succedute opinioni critiche, tese a negare la presunta inferiorità del Sud e
soprattutto ad evidenziare le storture ed i soprusi commessi dai Piemontesi
invasori. Negli ultimi anni la corrente di pensiero meridionalista sta vivendo
un’inaspettata reviviscenza, grazie soprattutto alla pubblicazione di opere,
destinate non più solamente ad una ristretta cerchia di studiosi, che portano a
conoscenza di molti una serie di vicende spesso neglette. In questa corrente
“neomeridionalista” o, comunque, revisionista, si colloca l’opera di Guerri.
L’autore ritiene che l’Unità sia stata un processo storico inevitabile, da
compiersi necessariamente; tuttavia, erronee sono state le modalità attraverso
le quali è stata realizzata. Il processo unitario si è nei fatti tradotto
nell’espansione di uno Stato, il Piemonte, a discapito delle legittime pretese
di altre popolazioni, quelle del Meridione in particolare. Guerri condivide le
tesi di coloro che, come Zitara o Alianello, hanno definito l’Unità quale
nascita di una colonia. L’autore di questo saggio si spinge oltre, non esitando
a qualificare “guerra civile” quella che impropriamente era stata definita
“lotta al brigantaggio”, espressione volta a negare qualsivoglia riconoscimento
ufficiale a coloro che combatterono per la libertà della propria terra. Questi
ultimi, delegittimati dai vincitori, vennero marchiati come briganti.
Guerri,
che non esita a parlare di genocidio quando descrive le stragi perpetrate dai
Piemontesi, è accurato specialmente nell’analizzare la genesi sociale del c.d. brigantaggio,
da lui inteso come la ribellione di
quanti, soprattutto contadini, avevano sperato in un miglioramento della
propria condizione, ma che di fatto si erano ritrovati più servi di prima.
Sono pagine dense di eventi e personaggi, scritte con uno stile lineare, adatto alla divulgazione. Il merito dell’opera è certamente la completezza, anche se spesso l’autore si avvale di schematismi al fine di riassumere in poche pagine vicende complesse. Il lettore ignaro della “vera” storia dell’unificazione troverà tutto quello di cui ha bisogno per farsi un’idea: la descrizione del contesto storico, le figure dei principali “briganti”, le manovre politiche, il rapporto Chiesa-Borbone, le stragi, le fucilazioni sommarie, l’infame legge Pica, gli inganni e le bugie. Per chi conosce già bene le vicende narrate ed i capisaldi del pensiero meridionalista, si tratterà invece di un utile ripasso.
Sono pagine dense di eventi e personaggi, scritte con uno stile lineare, adatto alla divulgazione. Il merito dell’opera è certamente la completezza, anche se spesso l’autore si avvale di schematismi al fine di riassumere in poche pagine vicende complesse. Il lettore ignaro della “vera” storia dell’unificazione troverà tutto quello di cui ha bisogno per farsi un’idea: la descrizione del contesto storico, le figure dei principali “briganti”, le manovre politiche, il rapporto Chiesa-Borbone, le stragi, le fucilazioni sommarie, l’infame legge Pica, gli inganni e le bugie. Per chi conosce già bene le vicende narrate ed i capisaldi del pensiero meridionalista, si tratterà invece di un utile ripasso.
[ Questa mia recensione è apparsa anche su Sololibri.net ]
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