15 aprile 2014

Recensioni: "La letteratura fantastica" di Todorov e "La pietra lunare" di Landolfi

Riporto due mie recensioni sul romanzo fantastico, già apparse su Sololibri.net.
  
Tzvetan Todorov – La letteratura fantastica
Nel 1970 il critico e filologo bulgaro Tzvetan Todorov diede alle stampe questo saggio, vero e proprio punto di riferimento per ogni studioso di letteratura fantastica.
Secondo l’autore, il racconto fantastico, per esistere, ha bisogno che siano soddisfatte tre condizioni: il lettore deve considerare i personaggi come persone viventi ed esitare tra una spiegazione naturale e una soprannaturale; anche i personaggi possono provare la stessa esitazione; il lettore deve rifiutare sia l’interpretazione allegorica che quella poetica.
Il fantastico nasce quando in un mondo che è sicuramente il nostro, quello che conosciamo, si verifica un avvenimento che non è possibile spiegare con le leggi del mondo che ci è familiare. Colui che percepisce l’avvenimento può optare per due soluzioni: o si tratta di un’illusione dei sensi (e allora le leggi del mondo permangono le stesse), oppure l’avvenimento è realmente accaduto (allora la realtà è governata da leggi a noi ignote). Il fantastico occupa il lasso di tempo di questa incertezza; è dunque l’esitazione provata da un essere, il quale conosce soltanto le leggi naturali, di fronte ad un avvenimento apparentemente sovrannaturale.
Esistono dunque fenomeni strani che si possono spiegare in due modi: la possibilità di esitare fra le due spiegazioni (naturale e non) crea l’effetto fantastico. Tutti i principali autori di racconti fantastici credono, secondo Todorov, che siano possibili avvenimenti di due ordini diversi; qualcuno (il lettore o il personaggio) deve scegliere tra il mistero, l’inesplicabile e “l’inalterabile legalità quotidiana”.
L’autore pensa che la formula del fantastico sia riassunta in una frase del Manoscritto trovato a Saragozza del polacco Potocky, quando il protagonista, catapultato in una serie di eventi inspiegabili, riferisce: “Arrivai quasi a credere”. È il quasi che determina il fantastico, il permanere dell’incertezza. Nel racconto fantastico è innanzitutto il protagonista a dubitare.
Todorov spiega altresì che il racconto fantastico si pone ad un livello particolare di interpretazione del testo, che non è né allegorico, né poetico. Dell’allegoria fanno parte le fiabe, che contengono elementi sovrannaturali senza che il lettore si interroghi mai sulla loro natura: se parlano gli animali non ci coglie alcun dubbio, sapendo che ci troviamo ad un livello del testo detto allegorico. L’interpretazione poetica non è fantastica, perché alla poesia non si chiede di essere rappresentativa della realtà, non si cerca di andare al di là delle parole. Il fantastico, dunque, implica una maniera di leggere particolare, che può essere definita solo negativamente: una lettura né allegorica né poetica. Todorov conclude la sua definizione del fantastico spiegandone lo scopo, che è conoscitivo: “al di là del piacere, della curiosità e di tutte le emozioni che suscitano questi racconti lo scopo reale del viaggio meraviglioso e fantastico è l’esplorazione più completa della realtà universale”. 
Tommaso Landolfi – La pietra lunare
Romanzo a metà strada tra il fantastico e il surreale, pubblicato nel 1939, narra la singolare avventura di Giovancarlo, che, tornato al paese natale per le vacanze estive, incontra una strana ma sensuale ragazza di nome Gurù, che in alcune notti dell’anno si trasforma in capra (è una capra-mannara, come tiene a precisare il narratore). La relazione tra i due si trasforma in un’intensa storia d’amore, che svelerà agli occhi del giovane l’altra faccia del reale, quella che si nasconde dietro l’apparenza delle cose. Durante un memorabile sabba notturno in una radura nel bosco, egli avrà modo di assistere alla trasformazione della ragazza e di conoscere personaggi spettrali e mitici, usciti dal mondo onirico dell’inconscio.
Le bizzarrie fantastiche di Landolfi possono essere associate alla dimensione del “fantastico quotidiano”, secondo la definizione di Calvino, poiché non portano ad un altro mondo, ma sono il risultato della quotidianità, esprimendone il risvolto magico. Dietro l’apparente razionalità del nostro mondo, specie quello bieco della provincia addormentata, si nasconde un lato misterioso e spesso ineffabile. É così possibile cogliere il significato del sottotitolo del romanzo, “Scene della vita di provincia”, un sottotitolo realistico, che vuole mostrare il rapporto stretto tra realtà e fantastico. Secondo Landolfi, l’assurdo è “il regolare stravolgimento della normalità”, perché in esso si combinano due elementi contrari: il quotidiano svolgersi della vita e un mondo “altro”, che emerge dal primo senza alcuna apparente frattura. Come evidenziato dal critico Russi, tre sono le componenti del fantastico landolfiano: il retaggio dei racconti popolari e dei miti contadini, la corrente del c.d. realismo magico e l’influenza del pensiero freudiano.
Interessantissima appare la postilla dell’opera, un immaginario “Giudizio del Sig. Giacomo Leopardi sulla presente opera”. È qui contenuta la summa del pensiero landolfiano: “un uomo tanto meno sarà grande quanto più sarà dominato dalla ragione; tutti quelli che possono esser grandi nella poesia e nelle lettere devono esser dominati dalle illusioni. (...) Mentre l’uomo si allontana da quella puerizia in cui tutto è singolare e meraviglioso, in cui l’immaginazione sembra non abbia confini, allora l’uomo perde la capacità di esser sedotto, diventa artificioso, cade tra le branchie della ragione che gli va a ricercare tutti i segreti della realtà. Ma questo senno e questa esperienza sono la morte della poesia”.
La metamorfosi è l’altro grande tema del romanzo, la metafora più nitida per esprimere il trasformarsi continuo della realtà nell’irrealtà ad essa sottesa. Non è solo Gurù a cambiare (da donna a capra-mannara), ma è lo stesso Giovancarlo che muta profondamente visione del mondo, sino ad aderire intimamente alla profonda e volubile realtà della vita e delle cose.

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