14 ottobre 2020

San Galgano nel cuore del Cilento

L'abbazia di San Galgano, in Toscana, è universalmente nota per avere il cielo come volta, in quanto, dopo il crollo del tetto, sono rimaste in piedi soltanto le mura perimetrali. La peculiare situazione di rovina consente tuttavia di ammirare e studiare nei minimi dettagli la struttura architettonica. Un edificio simile, anche se poco noto, si trova nel comune di Sessa Cilento, a valle della frazione di San Mango, nell'area geografica denominata “Cilento antico” o “Alto Cilento”, comprendente i casali sorti alle pendici del monte Stella e attraversati dal corso del fiume Alento. Si tratta dei ruderi della Chiesa di Santa Maria degli Eremiti, che nel nome ricorda gli anacoreti che la abitarono, alla ricerca di spiritualità e silenzio lontano dal consorzio umano. Come detto, si trova fuori l'abitato di San Mango, in uno spiazzo denominato Largo degli Abati Cavensi, a memoria della secolare giurisdizione che i monaci della Badia di Cava ebbero su questo luogo suggestivo.
Un benemerito cartello antistante le rovine consente agli sparuti visitatori di conoscere la storia dell'edificio. Apprendiamo che la chiesa viene citata per la prima volta in un documento del 1329, anche se si ipotizza un'origine più antica. Dal resoconto di una visita pastorale del 1505 sappiamo che era composta da una navata centrale con l'altare maggiore e da cappelle laterali minori, dedicate ai santi. Una serie di iscrizioni murate indicano che la fabbrica originaria è stata ampliata nel tempo, fino a raggiungere dimensioni considerevoli, testimoniate dalle imponenti rovine. Per oltre quattro secoli fu parrocchia per le comunità di San Mango, Castagneta e Santa Lucia, per essere infine abbandonata nell'Ottocento perché pericolante. Dopo un lungo periodo di oblio è stata oggetto di una meritoria opera di recupero e di consolidamento, che ci consente di ammirarla com'è oggi. 
Troneggia intatto il campanile, costruito negli anni 1543-1547 e integralmente recuperato. Si caratterizza perché è separato dal corpo principale della chiesa, peculiarità che si ritrova anche nella vicina cappella cimiteriale di Santa Maria delle Valletelle. Sul perché di questa scelta anomala è possibile fare una congettura, ipotizzando che questi campanili avessero anche il ruolo di torri di avvistamento, o che siano stati riutilizzati in funzione sacra dopo aver prestato una funzione difensiva. Il resto sono ruderi, che lasciano ampio spazio all'immaginazione, ma danno un'idea sufficientemente definita di come doveva essere l'eremo. Rimangono in piedi alcuni muri perimetrali, le nicchie che ospitavano le statue, parte dell'abside, gli archi che separavano il transetto, le finestre strette come feritoie, le scale che conducevano alla cripta, i basamenti delle colonne. Il tutto è messo in sicurezza e liberamente fruibile dal pubblico, prestando comunque un minimo di attenzione a dove si mettono i piedi. 
Ovvio che il paragone con il sito di San Galgano ha un valore puramente indicativo, né deve essere preso alla lettera. L'abbazia toscana è universalmente nota e meglio conservata, con le mura perimetrali, l'abside e la facciata praticamente intatti. Tuttavia, pur con le debite cautele, il paragone non è del tutto peregrino, né azzardato: le rovine di Santa Maria degli Eremiti conservano infatti il medesimo fascino della decadenza, il segno tangibile che le opere e l'ingegno umano sono destinati a soccombere di fronte all'ineluttabile scorrere del tempo
Ringrazio Irene Nigro per le fotografie, che lascio al libero utilizzo, purché ne venga citata la provenienza da questo blog.
Una visione d'insieme del sito di Santa Maria degli Eremiti
I ruderi del fabbricato
Il campanile di Santa Maria degli Eremiti
Il campanile della vicina chiesa di Santa Maria delle Valletelle
Ruderi della navata centrale
Particolare del transetto
Il basamento di una colonna
Particolare dell'abside
L'accesso alla cripta
Ruderi del transetto

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