A Cuadu, piccolo centro dell’Iglesiente, nei giorni convulsi del Fascismo
nascente, una donna che ha perduto entrambi i figli nella Grande Guerra dona
tutti i suoi risparmi al comitato che si occupa dell’erezione di un monumento
ai caduti. Il fatto è eclatante per due ragioni: innanzitutto perché Mariangela
Eca, donna umile e povera, ha donato più dei ricchi possidenti del paese, i
cosiddetti “prinzipales”; in secondo luogo perché è sempre stata lontana dalle
celebrazioni patriottiche e dai clamori della “vittoria mutilata”, sempre
chiusa in un silenzio impenetrabile. La ragione di tale eclatante gesto
consiste nel fatto che uno dei suoi figli, Saverio, è in realtà un disertore,
fuggito dalle trincee e venuto a morire nei boschi della Baddimanna, a casa.
Nessuno, a parte la madre e il sacerdote Coi, è a conoscenza di questo evento.
La sconsolata Mariangela, che per amore del figlio non vuole che gli altri
vengano a conoscenza della diserzione, desidera con tutte le sue forze la
costruzione del monumento, perché è convinta che una volta che i nomi dei figli
saranno impressi sul marmo, verrà finalmente calata una pietra tombale sulla
vicenda bellica e sulla sue celebrazioni. La pietra è silenzio, addirittura
strumento di redenzione per Saverio, la cui triste vicenda nessuno verrà mai a
sapere.
Mariangela non ha voce, si esprime solo con i gesti e con un silenzio carico di
significato. È il dolore ad averla resa muta e indifferente al resto. Le sue
azioni sono guidate dall’ancestrale sentimento della pietas materna, che la
porta a perdonare il figlio che ha sbagliato, anzi ad amarlo di più. L’altro
grande personaggio del romanzo è invece padre Coi, l’unico ad essere venuto a
conoscenza della verità, sia pure nel segreto della confessione. Egli vive un
terribile conflitto interiore, che contrappone il dovere di sacerdote e, prima
di tutto, di cittadino, con gli obblighi morali imposti dalla pietà e
dall’umana compassione.
A quest’opera è stata mossa una critica da parte di chi ha sottolineato che
Dessì avrebbe curato poco il contesto ambientale e storico in cui si muovono i
due personaggi principali, riducendolo a mero contorno. In verità, credo che
l’autore abbia volutamente costruito la sua opera ponendo maggiore attenzione
alla dimensione intima e alla vicenda tragica ma minima di Mariangela e padre
Coi, accennando solamente alla contingenza storica, al nascente Fascismo, alle
lotte sindacali dei minatori, ai conflitti tra “prinzipales” e socialisti. Il
disertore, dunque, è il racconto di una questione privata (per usare il titolo
di un celebre romanzo di Fenoglio), una storia umana di pietà e redenzione e un insolvibile dramma di coscienza.
[ Questa mia recensione è apparsa anche su Sololibri.net ]
Nessun commento:
Posta un commento
Commenta l'articolo!