S.M.S. è
il nome del nuovo progetto musicale di Miro Sassolini, storica ed indimenticata
voce della new wave italiana, che, dopo aver intrapreso negli ultimi anni altre
e diverse esperienze artistiche, è tornato al canto, quale forma primigenia di
espressione. Da qui a domani (2012, Black Fading Records) è il titolo del
primo lavoro di questo collettivo, che unisce, oltre al citato Miro Sassolini,
la poetessa Monica Matticoli, Cristiano Santini, Federico Bologna e Daniele
Vergni. Si tratta indubbiamente di una proposta interessante, di un disco di
non facile assimilazione, da ascoltare più e più volte, preferibilmente in
cuffia.
Sopra un tappeto sonoro minimale, prevalentemente elettronico, si staglia la
riconoscibile voce di Sassolini, che ha il merito di dare sostanza e corpo a
testi di rara suggestione e poesia. Si può quindi affermare che lirismo,
elettronica e interpretazione vocale costituiscono i tre capisaldi di questo
lavoro, perfettamente fusi in un inestricabile intrico armonioso, tanto che
nessuno dei tre elementi potrebbe brillare di luce propria. Ma forse è proprio
la voce di Miro, nella sua concreta tangibilità e teatralità, a tenere le
redini del discorso ed a guidare l’ascoltatore nelle pieghe del suono. Basti
ascoltare Disvelo, una delle tracce più interessanti dell’album; è qui
evidente che le parole e la musica sono al servizio di un’interpretazione vocale
sentita, profonda ed emozionante.
Senza voler fare paragoni con altri artisti, che appaiono impropri data
l’originalità di quest’opera, è tuttavia possibile rintracciare influenze colte
nei testi e nella musica: dalla tradizione cantautoriale italiana, passando per
la dark wave, l’elettronica e il migliore rock italiano degli anni ’90.
Insomma, un disco denso di suggestioni, che dà l’idea di non essere un prodotto
occasionale, destinato ad una rapida obsolescenza, ma un’opera meditata, che
proprio nel non essere attuale trova il suo punto di forza. Dodici le tracce
che compongono il disco, su cui svettano, per un’evidente compiuta commistione
di parole, musica e interpretazione, Disvelo, Rimane addosso la veste
lacerata del risveglio e Mai troppo chiuso il tempo. E proprio in
quest’ultimo pezzo è contenuto il verso “averti inventata / vorrei, nel mio
grembo”, che forse rappresenta il punto lirico più alto dell’album, nell’idea
del sentimento dell’amore che diventa desiderio di generazione.
“Una droga per il mio cuore malato” ha scritto un anonimo utente su You Tube
per definire questo lavoro, dimostrando di averne capito il senso più profondo.
Questo è prima di tutto un disco d’amore, parola spesso abusata o usata
impropriamente, ma che è l’unica in grado di dare luce nella notte sempiterna
di questi tempi e della nostra anima. E Miro lo ha capito.
La copertina dell'album.
Davvero un gran bel disco, un'operazione interessante...e fammelo dire, finalmente una recensione che non mette in mezzo i soliti diaframma..
RispondiEliminavai miro!
giangi72
Quando la grande musica incontra un vero intenditore, non può che nascere una recensione come questa, che sa scavare nel profondo e cogliere l'essenza stessa del disco, "denso di suggestioni", come scrive Alfonso
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