«Eugenio dice che io sono rinnegato
perché ho rotto tutti i ponti col passato.
Guardare avanti, sì, ma ad una condizione,
che tieni sempre conto della tradizione.»
Milano c’a primma vota te fa paura,
passa o tram e nun t’o vuo’ piglià
pecchè vuo’ i’ a pede pe sta città. […]
Te saluto Milano
Milano d’a produzione
Milano ca si nun sierve sì nu coglione.
Ma sulo e’ chesto nun se po’ campa’,
te saluto Milano e nun ce voglio stà.»
perché ho rotto tutti i ponti col passato.
Guardare avanti, sì, ma ad una condizione,
che tieni sempre conto della tradizione.»
Questo è l’incipit di Rinnegato, una delle prime canzoni di Edoardo
Bennato. L’artista napoletano, innamorato dell’America e del rock
and roll, ricorda le parole del fratello Eugenio, cultore della
musica popolare, che lo ammoniva a non dimenticare mai la tradizione, perché
non può esistere innovazione se non si tiene conto del passato. I Musicanova,
capitanati proprio da Eugenio, hanno percorso, alla fine degli Anni Settanta,
la via della riscoperta della musica folcloristica, assieme ad altri gruppi
interessanti, come il Canzoniere del Lazio.
Festa festa (Fonit Cetra, 1981) è il loro quinto LP, l’ultimo. Diventati un vero e proprio collettivo, i Musicanova raggiungono un felicissimo connubio tra musica e testi, secondo solamente all’epocale Brigante se more (1979), colonna sonora dello sceneggiato Rai L’eredità della priora, tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Alianello.
Festa festa (Fonit Cetra, 1981) è il loro quinto LP, l’ultimo. Diventati un vero e proprio collettivo, i Musicanova raggiungono un felicissimo connubio tra musica e testi, secondo solamente all’epocale Brigante se more (1979), colonna sonora dello sceneggiato Rai L’eredità della priora, tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Alianello.
Per costruire le complesse trame sonore del disco, il gruppo si
amplia, fino a contare otto elementi: Eugenio Bennato e Carlo D’Angiò (voci e
chitarre), Maria Luce Cangiano (voce), Pippo Cerciello (violino), Mauro Di
Domenico (chitarre e mandoloncello), Riccardo Romei (basso elettrico), Alfio
Antico (tamburello) e John Perilli (fiati).
Tutte le composizioni sono originali: Bennato
e D’Angiò attingono dal patrimonio popolare ritmi e tematiche, che rielaborano
con un gusto moderno che non scade mai nel manierismo: ecco
allora, qui e lì, intrusioni di tastiere, basso e chitarra elettrica. I due,
che si dividono egregiamente il lavoro di scrittura, dimostrano di aver
assimilato la grande tradizione della musica contadina dell’Italia meridionale;
i testi, rigorosamente in dialetto, sono limpidi quadretti di vita rurale (L’acqua
e la rosa), cantilenanti preghiere (Ex voto),
storie minime dai toni di favola (Canzone per Iuzzella), filastrocche dal sapore
antico (Canzone
della fortuna) o struggenti ninne nanne (Nannaré).
La vena polemica e l’impegno civile sono gli altri due
cardini di questo lavoro. In Vento del Sud ritorna la visione critica
della vicenda risorgimentale, i cui ideali egualitari sono stati traditi da chi,
per precisa volontà politica, ha trasformato il Meridione in una colonia. A la
festa, che dà il titolo all’album, è invece un canto collettivo di
protesta, che ricorda la lotta dei contadini contro i “galantuomini”, padroni
delle terre e sfruttatori.
Il capolavoro del disco è però Te saluto Milano, che chiude la
prima facciata. È la struggente e liberatoria ballata dell’emigrante che può
finalmente andare via dalla metropoli che gli ha dato da mangiare, prendendosi
però in cambio i suoi anni migliori. Commovente canzone di
emarginazione, riscatto e nostalgia, contiene immagini di impressionante
forza evocativa.
«Te saluto Milano
Milano d’a faccia scura,Milano c’a primma vota te fa paura,
passa o tram e nun t’o vuo’ piglià
pecchè vuo’ i’ a pede pe sta città. […]
Te saluto Milano
Milano d’a produzione
Milano ca si nun sierve sì nu coglione.
Ma sulo e’ chesto nun se po’ campa’,
te saluto Milano e nun ce voglio stà.»
Copertina e retro del vinile
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