Che la verità abbia
mille volti, che spesso si nasconda dietro un velo di apparenza, che possa
essere raccontata da cento voci secondo cento diverse cadenze, è fatto noto. Meno
scontato è il comprendere che non si tratta di un discorso astratto, filosofico
o peggio ancora ozioso. Sostenere che l’apparenza potrebbe non essere
rispondente al vero, non è un balocco intellettuale. Per asseverarlo, però, servono prove che abbiano la capacità di mettere spalle al muro lo
scettico.
Questa sorta di
straniamento è la sensazione che si prova dopo la visione di Strategia del
ragno, lungometraggio del 1970 di Bernardo Bertolucci, interpretato, tra gli
altri, da Giulio Brogi e Alida Valli. Il film è coraggioso, e non solo per la
tematica trattata, ma per la precisa contestualizzazione storica ed emotiva in
cui la stessa è calata. Per dimostrare la sua tesi, ovvero la capacità del vero
di nascondersi e di assumere multiformi e stridenti volti, Bertolucci coinvolge
addirittura la Resistenza, quale evento collettivo alla base del contemporaneo
vivere democratico, totem intoccabile che non può che essere raccontato ad una
sola voce. Il regista, invece, rovescia coraggiosamente questo indiscutibile principio,
penetrando oltre il velo delle verità acriticamente accettate, come già aveva
tentato di fare lo scrittore Beppe Fenoglio.
Un giovane, dopo molti
anni di lontananza, ritorna a Tara, sua città natale, per scoprire la verità
sull’assassinio del padre, che portava il suo stesso nome. Athos Magnani è un
eroe per la cittadina: a lui sono dedicati la via principale, un circolo
ricreativo e un busto in piazza davanti alla chiesa. Da tutti è ricordato e
venerato quale martire della Resistenza, ucciso dai fascisti per rappresaglia
durante la prima del Rigoletto. La morte, oltre a trasformarlo in eroe, ha dato
linfa vitale al movimento antifascista, fungendo da traino morale per quanti
non avevano ancora aperto gli occhi di fronte alla violenza del regime. I
responsabili del delitto, però, non erano mai stati individuati, anche perché il
processo era stato una vera e propria farsa. Per questo, il
figlio di Athos decide di ritornare a Tara, per scoprire chi ha ucciso il padre
e, magari, consumare una personale vendetta. A questo punto si attua la
strategia del ragno, perché è la stessa comunità cittadina ad ordire una fitta
trama di rimandi e corrispondenze volti a nascondere la verità, che nessuno
vuole accettare. Si viene così a sapere che forse Athos aveva tradito i suoi
compagni, ed aveva chiesto loro di ucciderlo, facendo ricadere la colpa sui
fascisti, perché «un traditore è dannoso anche morto, mentre è molto più utile
un eroe, un eroe che la gente possa amare». Si viene a disegnare un piano
complesso: costruire un martire, una vittima del regime, il cui luminoso esempio
indichi agli altri la via da seguire.
Il figlio è sconvolto
dalla rivelazione, al punto da non riuscire più a determinarsi. Due sono le
strade possibili: tacere e lasciare imperituro il ricordo del padre, oppure
gridare ai quattro venti quello che ha scoperto, offuscando per sempre la
memoria di un mito. Nessuna soluzione viene presa, perché la tela del ragno
tessuta intorno al giovane non ne imbriglia soltanto i movimenti, ma ne ottunde
il cervello e la capacità di ragionare. Anzi, la tela è talmente perfetta che
anche quando il figlio, giunto ad odiare il padre, compie l’immondo gesto del
vilipendio della sua tomba, l’evento non fa che rinnovare nel paese l’ammirazione
per il paladino dell’antifascismo.
Alla fine nessuna
domanda ottiene risposta e nessun dubbio viene sciolto. Chi era veramente Athos
Magnani: un traditore, un eroe, o forse nessuno dei due? Athos era quello che
irrideva in pubblico i fascisti ballando allegramente sulle note di Giovinezza,
oppure quello che ha rivelato ai Carabinieri il luogo dove era nascosta la
bomba per uccidere Mussolini? E soprattutto, se anche ha tradito, per quale
ragione l’ha fatto? Semplicemente per umana paura, oppure per non mietere
vittime innocenti assieme all’odiato tiranno? Queste e altre le domande che
restano insolute, congelate nella perfetta strategia del ragno, che tutto
avviluppa e niente rivela.
Athos Magnani (Giulio Brogi) balla sulle note di Giovinezza
(foto tratta da Wikipedia, pubblico dominio)
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