Ho un rapporto
controverso con i dischi dal vivo; dopo averne acquistati un buon numero
(compresi titoli improbabili, come un live degli Sham69), col tempo ho quasi
finito per non comprarne più. Le ragioni di questa scelta vanno rintracciate
nella qualità non sempre eccelsa del suono e nella preferenza per i dischi di
studio, che presentano una struttura più coerente e unitaria.
Il Live 1974 del
Biglietto per l’inferno, pubblicato dalla benemerita Btf, è però uno di quei
titoli irrinunciabili, da possedere senza indugi. Lo acquistai perché attratto
dal luciferino nome del gruppo e dal memorabile ed evocativo scatto di copertina.
Le note del libretto tracciano le coordinate essenziali: «registrato dal vivo a
Lecco il 9 maggio del 1974 durante il tour con gli UFO, probabilmente con un
registratore a nastro e poi copiato su audiocassetta». Una registrazione
amatoriale, a tratti imperfetta e proprio per questo ricca di seduzione. Il buon
lavoro di editing, fatto a distanza di trent’anni dal concerto, ha migliorato
l’ascolto mantenendo inalterati il fascino e l’atmosfera.
Il gruppo propone dal
vivo il primo album per intero, oltre ad una versione strumentale de Il tempo
della semina. La formazione è quella classica: Claudio Canali (voce, flauto e
flicorno baritono), Fausto Branchini (basso), Mauro Gnecchi (batteria), Marco
Mainetti (chitarra elettrica), Giuseppe “Baffo” Banfi (Mini-Moog e Gem organ) e
Giuseppe “Pilly” Cossa (organo Hammond e piano). Il prog proposto dal Biglietto
è assai articolato e non è facile inscatolarlo entro correnti definite: il
suono spazia dalle aperture sinfoniche di alcune formazioni nostrane alle
cavalcate hard-rock di certi gruppi albionici, come gli Uriah Heep. Senza voler
fare sterili confronti, si può certamente affermare che il Biglietto ha rappresentato
un episodio isolato nel panorama nazionale del prog, grazie ad un’impronta
marcatamente “dura” ma impreziosita dall’uso non intrusivo di fiati e tastiere,
e alla scrittura di testi coraggiosi, eretici, senza compromessi. Un altro
elemento centrale nella loro proposta era il carisma del cantante, quel Claudio
Canali che ha trovato una risposta alle domande della vita soltanto nel
silenzio di un eremo. Credo che Canali, per voce e presenza scenica, si
collochi al terzo posto di un immaginario podio di vocalist prog italiani,
subito dopo Demetrio Stratos e Francesco Di Giacomo.
Rispetto al lavoro in
studio, il live presenta un suono più cupo e corposo, dimostrando al meglio lo
straordinario affiatamento della band. Claudio Canali sfoggia una vera grinta
da animale da palco, giganteggiando tra urla e sussurri, preghiere e imprecazioni (si ascolti la sanguigna versione de Una strana regina), il
tutto condito da lunghi interventi di flauto e flicorno. La sezione ritmica e
la chitarra fanno egregiamente il loro dovere, ma il pezzo forte sono i
formidabili intrecci dei due tastieristi.
Apre Il tempo della
semina, in una versione solo strumentale e più breve di quella che apparirà nel
secondo album, pubblicato dopo lo scioglimento del gruppo. Le altre
tracce appartengono tutte al primo omonimo lavoro, a partire dall’iniziale Ansia,
in cui moog e chitarra fraseggiano, disegnando atmosfere ipnotiche. La
successiva Confessione è il brano più celebre del Biglietto, dai toni
decisamente hard, grazie ad una chitarra sopra le righe. Forte la polemica
contro la Chiesa e l’ipocrisia del potere, con un testo tra i meglio riusciti
del nostro rock: «Ascoltami frate, non so se ho peccato, / ho ucciso un
bastardo che avrebbe voluto / coprire coi soldi il suo sporco passato, /
cercando così di beffare il suo fato». Le successive Una strana regina e Il nevare
alzano ancora il livello. La prima è costruita sopra un’alternanza di momenti
hard, sostenuti dalla chitarra, e fasi più dilatate grazie alle tastiere in
evidenza. Il nevare è un pezzo di pura poesia rock, con immagini lugubri
e diafane che si sciolgono nel finale da brividi. L’amico suicida conclude il
concerto: quattordici minuti che non conoscono neppure un istante di stasi.
Tiratissima dall’inizio alla fine, la coraggiosa canzone
affronta senza patetismi il tema del suicidio.
Il Live 1974 del
Biglietto per l’inferno è un documento prezioso, fortunatamente riemerso dalle
nebbie del passato. Perdere il nastro sarebbe stato un sacrilegio: se il disco
in studio lascia intuire le potenzialità del gruppo, ascoltare il concerto
rende davvero l’idea di cosa fossero capaci di fare Canali & soci. Il
Biglietto era un gruppo potente, forse più ancora del Rovescio della medaglia,
ma soprattutto ispirato e originale. Le canzoni, pur entro una cornice prog, non
hanno il sapore stantio di certi lavori del periodo, ma possiedono una
straordinaria contemporaneità. Parlano del marcio del mondo, della
corruzione del potere e degli animi, di depressione e suicidio, del male di
vivere allietato dalla «gioia pura di un semplice nevare». E forse era nei live che questi fantasmi prendevano al meglio forma e sostanza. Ascoltare per credere.
Nessun commento:
Posta un commento
Commenta l'articolo!