Quando si parla di “film di
culto” non sempre si fa riferimento a pellicole famose, che hanno segnato la
storia del cinema per la loro grandezza. L’appellativo ben si adatta anche a
lungometraggi sconosciuti ai più, diffusi nei circuiti sotterranei e apprezzati da un numero ristretto di cinefili. Oppure, ancora, ci si riferisce
a pellicole che hanno avuto successo proprio per la loro indiscutibile
bruttezza, tanto da essere catalogate come Z-movies.
The room rientra proprio in tale
categoria. Si tratta di un film indipendente del 2003, prodotto, diretto,
finanziato e interpretato da Tommy Wiseau, all’epoca uno sconosciuto cineasta.
La pellicola, costata sei milioni di dollari versati interamente dallo stesso
Wiseau, ne ha incassati poco meno di duemila in due settimane di
programmazione. Si tratta infatti di un film con una trama inconcludente e
priva di originalità, recitato malissimo, infarcito di scene inutili che
fungono da mero riempitivo, senza un continuum
logico-temporale. Ciononostante, grazie anche alla diffusione di internet, The room ha riscosso negli anni un
successo sempre crescente, proprio per l’involontaria comicità delle sue scene
e la pessima recitazione del protagonista. Diverse testate l’hanno definito
“il più brutto film della storia del
cinema”, consacrandone così la fama ed ergendolo a lungometraggio di culto.
The disaster artist (2017) è un film
sulla genesi e la produzione di The room o,
se si vuole, sulla figura in qualche modo eccezionale di Tommy Wiseau.
Utilizzando un termine anglosassone che rende bene l’idea, si può affermare che
The disaster artist è il making of di The room. La regia è di James Franco (che interpreta lo stesso Wiseau),
mentre il soggetto è di Greg Sestero, amico di Wiseau e coprotagonista di The room.
La trama ricalca la vicenda
reale. Greg è un diciannovenne che sogna di sfondare nel cinema. Ad un corso di
recitazione conosce l’eclettico Tommy Wiseau, uno squinternato attore fuori
dalle righe, che afferma di essere nato a New Orleans, nonostante uno spiccato
accento dell’Europa dell’Est. In breve nasce una profonda amicizia tra i due, che
stipulano un vero e proprio patto di sostenersi reciprocamente per la
realizzazione del sogno comune, quello di diventare attori professionisti.
Tommy è in possesso di risorse finanziarie illimitate e così, dopo innumerevoli
rifiuti, prende la decisione che gli darà la fama: scrivere, produrre,
finanziare, dirigere e interpretare il suo film personale. The disaster artist ricalca fedelmente i
fatti realmente accaduti, lasciando intatto il mistero intorno alla figura di
Wiseau: non sappiamo quale sia il suo vero nome, quanti anni abbia, dove sia
nato e, soprattutto, come faccia ad essere talmente ricco da poter buttare al
vento milioni di dollari solo per inseguire un sogno.
Il film diverte dall’inizio alla fine ed è
ricco di scene memorabili. James Franco regala una straordinaria interpretazione
di Tommy Wiseau: ne viene fuori il ritratto di un personaggio non comune, che
dell’artista vero possiede solo il tormento, ma non il talento. Tommy è capace
di violenti scatti d’ira, ma al tempo stesso è un uomo generoso e dolce, che
osserva il mondo con lo sguardo vergine e disincantato del bambino. Si pensi in
proposito all’amicizia tra Greg e Tommy: mentre il primo mantiene la propria
indipendenza, al punto di andare ad abitare con la fidanzata, Tommy vive il
rapporto con infantile gelosia, desiderando l’esclusività delle attenzioni e
dell’affetto dell’amico.
In conclusione, la pellicola è una
riflessione sullo straordinario potere dei sogni e delle aspirazioni
individuali, ma al tempo stesso una velata critica al dio denaro. Rimane
infatti insoluta una domanda, fin troppo prosaica. Se Tommy Wiseau non avesse
avuto a disposizione un cospicuo patrimonio da buttare alle ortiche, sarebbe riuscito
a realizzare le sue aspirazioni?
La locandina italiana del film
Nessun commento:
Posta un commento
Commenta l'articolo!