Affrontare il sentiero che attraversa i boschi del monte Calpazio per
raggiungere i ruderi del castello di Capaccio Vecchio, nel Cilento, significa
immergersi negli scenari di uno degli eventi più importanti della storia del
Mezzogiorno: la cosiddetta “congiura di Capaccio”. Senza voler entrare nel
merito di un avvenimento così complesso, basti sapere che nel 1246 alcuni tra i
principali notabili del Regno ordirono una congiura per uccidere l’imperatore
Federico II di Svevia e suo figlio Enzo. Grazie ad alcuni fedelissimi,
l’imperatore scoprì la cospirazione e i rivoltosi furono costretti a
rifugiarsi nel castello di Capaccio, ritenuto inespugnabile. La fortezza fu cinta d'assedio per tre lunghi mesi dalle truppe di Federico II, fin quando capitolò nel luglio del
1246 per mancanza di approvvigionamenti. La punizione inflitta ai congiurati fu
crudele e commisurata alla colpa di cui si erano macchiati. Avendo tentato di
uccidere il sovrano, vennero considerati alla stregua di parricidi e condannati
secondo la lex Pompeia, che prevedeva
orrende mutilazioni e l’introduzione del condannato in sacchi di cuoio da
gettare in mare. Per chi volesse approfondire l’argomento, consiglio la lettura
di un esauriente articolo sul sito dell’Istituto Enciclopedico Treccani.
A completamento della damnatio
memoriae, l’imperatore ordinò anche la distruzione del castello e
dell’abitato di Capaccio Vecchio, all’epoca sede vescovile. La fortezza non
venne però rasa al suolo e continuò ad essere utilizzata nei secoli successivi,
anche come carcere, per cadere infine nell’oblio. Oggi di quel grandioso
passato rimangono pochi resti che resistono strenuamente agli anni, sufficienti
però a farci comprendere l’importanza del sito. Da un lato, i ruderi dominano
la piana del Sele, consentendo di godere, nei giorni sereni, di uno
straordinario panorama. D’altro canto, la difficile accessibilità del sito
conferma la fama di inespugnabilità che il castello si era conquistato nel
glorioso passato. Raggiungere quel che resta del maniero non è più complicato come un tempo, grazie ad un
sentiero piuttosto agevole anche per chi non pratica escursionismo.
Il punto di partenza è il Santuario della Madonna del Granato, da cui inizia
la strada asfaltata che conduce alla frazione di Crispi. Poco prima di arrivare
al piccolo centro abitato, si raggiunge uno slargo con una fontana, dove è
possibile lasciare le automobili. Da qui parte un sentiero che si inerpica
lungo le pendici del monte Calpazio. Il percorso è largo e ben tracciato,
leggermente faticoso nel primo tratto. Superata la salita, si può sostare in un
punto panoramico che domina la valle del Sele; il castello è visibile
sulla destra, abbarbicato alle rocce. È sufficiente un altro quarto d’ora per
raggiungerlo. In tutto, il percorso dovrebbe essere coperto in meno di un’ora.
Il maniero è in gran parte diruto; sopravvivono, avviluppate dalla macchia
mediterranea, due robuste torri e il muro di cinta. Degli spazi interni,
invece, si può avere solo una vaga idea. L’escursione è piacevole e adatta a
tutti, ma soprattutto consente di immergersi nella natura e di conoscere un
pezzo importante di storia d’Italia.
Ringrazio Sara Nigro per le fotografie che seguono.
Il primo tratto del sentiero
La splendida vista della Piana del Sele
Il maniero come appare da lontano
I ruderi del castello
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