Sono stato a lungo indeciso se scrivere qualche riga su questo romanzo
minore di Luigi Compagnone (Napoli, 1915-1998), pubblicato nel 1977 per
l'editore Rusconi. L'indecisione era dovuta non tanto e non solo al fatto che il
libro non ha incontrato il mio favore, quanto piuttosto per non aver letto prima Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini. Invero, non si tratta di una mia
considerazione, perché Dentro la Stella è a tutti gli effetti una riscrittura
del celebre romanzo dello scrittore siciliano. È lo stesso Compagnone,
nell'introduzione al volume, a chiarire che il racconto «vuol essere un atto di riconoscenza che molti uomini della mia
generazione devono a Vittorini per la grande lezione, lirica e morale, con cui
egli seppe interpretare i nostri sgomenti in uno dei più tragici periodi della
storia d'Europa». Non un semplice omaggio, dunque, ma un vero e proprio
atto di devozione. Compagnone sente una connessione tra l'Italia del 1938 e
quella del 1977 a lui contemporanea; due epoche difficili e drammatiche, dilaniate
rispettivamente dal totalitarismo e dalle minacce allo Stato democratico. Lo
scrittore napoletano percepisce che «le antiche paure della fame e della
violenza» sono tornate, e che ora come allora sono gli intellettuali a dover
scendere in campo. Per
questo è corretto parlare di una riscrittura del romanzo di Vittorini, vuoi per
l'afflato socialista che anima le pagine, vuoi per l'identicità della trama e
dei nomi dei personaggi.
Il protagonista,
Silvestro Ferrauto, intraprende un viaggio in treno da Roma a Napoli, dopo
essere stato avvisato delle gravi condizioni di salute in cui versa la madre.
Sebbene la distanza che separa le due città sia minima, per Silvestro il
ritorno nel quartiere natale “della Stella”, uno dei più antichi e popolosi di
Napoli, rappresenta un viaggio nella memoria, un tuffo nelle origini,
un'immersione in ricordi e odori che parevano sopiti, se non addirittura
dimenticati. Silvestro rivede il padre, il vecchio avvocato Ferrauto, che
arrotonda la magra pensione tenendo la contabilità a negozianti e artigiani del
rione; il lungo giro che compie assieme al papà, di bottega in bottega, diventa
l'occasione per ripensare a un passato mitico, ancora vivo nella memoria ma
offuscato dalle ansie e dalle paure del presente. La paura più grande è sempre
la stessa, la madre delle paure partenopee: la miseria, e con essa la fame.
Come Conversazione in Sicilia, anche Dentro la Stella è un romanzo fatto di
incontri e di lunghi dialoghi; ad un certo punto si entra persino in una
dimensione onirica, dove labili e indefiniti sono i confini tra sogno e
realtà.
In Dentro la Stella
tornano tanti temi della tradizione letteraria della città partenopea: la dignità
della miseria, il dolore eterno camuffato con l'ironia, i piccoli sotterfugi
per campare la giornata, la secolare rassegnazione e al contempo il desiderio
di cambiare le cose, un vago anarchismo di fondo e il senso della libertà, la
solidarietà e la forza dirompente del collettivo. In poche parole, la vita dei
bassi con tutte le sue contraddizioni.
In conclusione, non so
se consigliare o meno la lettura di questo romanzo. Si tenga presente che si
tratta di un'opera minore dello scrittore campano; magari potrebbe essere un
utile complemento a Conversazione in Sicilia di Elio Vittorini. Ma chi, come
me, non ha ancora letto il capolavoro dello scrittore siciliano, farebbe bene a
dirottarsi verso quest'ultimo, anziché sulla “riscrittura” di Compagnone.
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