Qual è
l'importanza della musica nella vita di ciascuno di noi? È una domanda semplice, dalla
risposta intuitiva: difficilmente qualcuno risponderà “poco” o “nulla”, perché
la musica scandisce ogni momento della giornata, o quasi. La ascoltiamo in
auto, distrattamente come sottofondo al supermercato, come colonna sonora di un
film, quando facciamo sport. Per qualcuno la musica è addirittura un lavoro,
altri spendono cifre considerevoli per acquistare un disco raro o un impianto
hi-fi degno di questo nome, altri ancora si limitano ad accendere la radio
senza prediligere un genere particolare. Insomma, i modi, i tempi e le finalità
della fruizione della musica sono innumerevoli e diversi da persona a persona,
eppure ci sono degli aspetti comuni a tutti. L'agile saggio La mente in musica,
di Annalisa Balestrieri, si propone l'ambizioso obiettivo di analizzare i
processi mentali ed emotivi che si mettono in moto con la musica, o che
l'ascolto di una melodia stimola e finanche accresce.
Il sottotitolo del volume è esplicativo: Come reagisce il cervello all'ascolto della musica. Emozioni, mente e musica sono dunque le chiavi di lettura del libro, le tre parole che delineano i vertici di un ideale triangolo, i cui lati sono formati dalle connessioni esistenti tra le tre dimensioni. L'Autrice precisa in proposito di voler gettare «uno sguardo generale sul rapporto che lega l'uomo all'ascolto di una melodia, vuole mettere in luce le potenzialità dell'ascolto e dare delle risposte alle domande che possono insorgere». L'obiettivo che la Balestrieri persegue non è dunque semplicemente quello di rispondere alla domanda sul perché ci piaccia una melodia, ma indagare sulle reazioni che la musica produce nella sfera più intima dell'essere umano, quella psico-emotiva. Si legga in proposito il primo interessante capitolo, con un breve excursus sul rapporto tra uomini primitivi e musica. Ebbene, è straordinario scoprire come già agli albori della nostra specie il linguaggio musicale rispondesse a funzioni connotative dell'intera esperienza umana: il rapporto con la natura e le forze superiori, le emozioni basilari di paura, stupore, allarme, gioia.
Se dunque il codice musicale è produttivo di esperienze praticamente invariate nei secoli, c'è da chiedersi quale sia la ragione di una tale importanza. L'Autrice la identifica nel “linguaggio emozionale”, che connota il valore universale della musica. A differenza del “linguaggio razionale”, che può essere compreso soltanto da chi ne possiede le chiavi grammaticali/fonetiche, il linguaggio di tipo emozionale non è subordinato a regole immutabili, e soprattutto può essere decodificato senza bisogno di chiavi, persino in modo soggettivo e non univoco. È questa la ragione per cui, in parole povere, una ninna nanna produce la stessa sensazione di piacevole rilassamento a tutte le latitudini, oppure un pezzo punk trasmette energia e voglia di spaccare il mondo a persone appartenenti a contesti culturali e sociali eterogenei, se non addirittura antinomici. Il processo cosiddetto di “astrazione musicale”, che consente al nostro cervello di estrapolare un significato dal significante della melodia, ha dunque al tempo stesso un valore personale e universale. Ecco spiegato perché una stessa canzone può essere ascoltata nel chiuso di una stanza, ossia in una dimensione intima e crepuscolare, oppure cantata a squarciagola assieme a migliaia di altre persone allo stadio.
Le
tematiche affrontate dal libro non sono sempre semplici, eppure la Balestrieri
è abile nel tradurle in concetti alla portata di tutti, anche attraverso esempi
concreti e rimandi a ricerche. La seconda parte del saggio affronta aspetti più
pratici, egualmente interessanti: le preferenze musicali in ragione dell'età,
della cultura, della confessione religiosa, dell'approccio all'ascolto. E
ancora, il rapporto tra musica, sport, economia, scienza e marketing. Le
argomentazioni squisitamente psicologiche cedono il passo a un'indagine di
stampo sociologico, che è di particolare interesse perché pone l'accento sul
quotidiano e sul presente, in cui si assiste a una sovraesposizione musicale,
soprattutto in forza della portabilità del supporto (gli
smartphone).
In conclusione, La mente in musica è una lettura agevole e interessante, che scorre piacevolmente – nonostante la specificità del tema – grazie a una scrittura di presa immediata, seppur sempre attenta al rigore scientifico. È un lavoro di ricerca, ma non è destinato soltanto agli addetti ai lavori, perché la tematica affrontata si radica nell'esperienza quotidiana di ciascuno.
Il sottotitolo del volume è esplicativo: Come reagisce il cervello all'ascolto della musica. Emozioni, mente e musica sono dunque le chiavi di lettura del libro, le tre parole che delineano i vertici di un ideale triangolo, i cui lati sono formati dalle connessioni esistenti tra le tre dimensioni. L'Autrice precisa in proposito di voler gettare «uno sguardo generale sul rapporto che lega l'uomo all'ascolto di una melodia, vuole mettere in luce le potenzialità dell'ascolto e dare delle risposte alle domande che possono insorgere». L'obiettivo che la Balestrieri persegue non è dunque semplicemente quello di rispondere alla domanda sul perché ci piaccia una melodia, ma indagare sulle reazioni che la musica produce nella sfera più intima dell'essere umano, quella psico-emotiva. Si legga in proposito il primo interessante capitolo, con un breve excursus sul rapporto tra uomini primitivi e musica. Ebbene, è straordinario scoprire come già agli albori della nostra specie il linguaggio musicale rispondesse a funzioni connotative dell'intera esperienza umana: il rapporto con la natura e le forze superiori, le emozioni basilari di paura, stupore, allarme, gioia.
Se dunque il codice musicale è produttivo di esperienze praticamente invariate nei secoli, c'è da chiedersi quale sia la ragione di una tale importanza. L'Autrice la identifica nel “linguaggio emozionale”, che connota il valore universale della musica. A differenza del “linguaggio razionale”, che può essere compreso soltanto da chi ne possiede le chiavi grammaticali/fonetiche, il linguaggio di tipo emozionale non è subordinato a regole immutabili, e soprattutto può essere decodificato senza bisogno di chiavi, persino in modo soggettivo e non univoco. È questa la ragione per cui, in parole povere, una ninna nanna produce la stessa sensazione di piacevole rilassamento a tutte le latitudini, oppure un pezzo punk trasmette energia e voglia di spaccare il mondo a persone appartenenti a contesti culturali e sociali eterogenei, se non addirittura antinomici. Il processo cosiddetto di “astrazione musicale”, che consente al nostro cervello di estrapolare un significato dal significante della melodia, ha dunque al tempo stesso un valore personale e universale. Ecco spiegato perché una stessa canzone può essere ascoltata nel chiuso di una stanza, ossia in una dimensione intima e crepuscolare, oppure cantata a squarciagola assieme a migliaia di altre persone allo stadio.
In conclusione, La mente in musica è una lettura agevole e interessante, che scorre piacevolmente – nonostante la specificità del tema – grazie a una scrittura di presa immediata, seppur sempre attenta al rigore scientifico. È un lavoro di ricerca, ma non è destinato soltanto agli addetti ai lavori, perché la tematica affrontata si radica nell'esperienza quotidiana di ciascuno.
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