Quanti
ancora acquistano i dischi, sanno bene quale fascino eserciti una copertina
evocativa. Per quanto mi riguarda, come ho già scritto altrove, alcuni album li ho acquistati perché attratto dalla copertina. Superfluo rimarcare che
ci sono copertine epocali, spesso più celebri del disco: mi viene in mente il
volto terrorizzato di In the court of the Crimson King. In Italia fu col progressive
che per la prima volta si affermò un interesse concreto per la grafica dei
dischi, col contestuale abbandono delle fotografie standardizzate dei complessi
che furoreggiavano nel decennio precedente. Finalmente si diede sfogo alla
creatività e vennero fuori copertine davvero innovative, come l'iconico
salvadanaio del Banco, i due manichini inchiavardati del primo 33 giri degli
Area, la scioccante bambola insanguinata degli Osage Tribe o le stilizzate figure
alla De Chirico di Storia di un minuto. La palma d'oro per la più bella
copertina del prog italiano spetta però a Nuda, primo disco dei genovesi
Garybaldi, pubblicato nel 1972. Disegnata da Guido Crepax, raffigura la
sensuale Bianca distesa senza veli di spalle, con personaggi e animali
lillipuziani che tentano di arrampicarsi sul suo corpo perfetto e sinuoso. In
realtà, il lavoro grafico di Crepax è molto più complesso: la copertina è
apribile in tre parti e all'interno ci sono grandi tavole a fumetti che
riprendono i testi delle canzoni.
Fatta questa debita premessa, Nuda è a tutti
gli effetti figlio del suo tempo, nei pregi e nei difetti. I Garybaldi erano
l'evoluzione dei Gleemen, gruppo beat di discreto successo a fine anni
Sessanta. Fondatore e leader del progetto Garybaldi era il genovese Pier
Niccolò “Bambi” Fossati, prodigioso musicista di scuola hendrixiana, forse il
solo a poter contendere a Nico Di Palo il primato di miglior chitarrista del rock
progressivo nostrano. Il quartetto era completato da Lio Marchi alle tastiere,
Angelo Traverso al basso e Maurizio Cassinelli alla batteria. Nuda è un disco
di transizione, che mescola con risultati altalenanti il rock-blues di impronta
hendrixiana, le cavalcate tastieristiche progressive e alcuni passaggi che
risentono ancora del beat.
Sebbene i Garybaldi non possano essere inquadrati
entro la cornice del rock sinfonico, non manca la lunga suite. Moretto da
Brescia, divisa in tre movimenti, occupa tutta la seconda facciata. Come molte
altre del genere, è la storia di un cavaliere errante e delle sue peripezie. Al
di là della ingenuità delle tematiche e del testo, Moretto da Brescia si
caratterizza per passaggi musicali assai interessanti e continui cambiamenti di
ritmo, specie nelle felici combinazioni di chitarra elettrica e mellotron.
Ritengo sia una suite meno riuscita rispetto ad altre produzioni nostrane,
soprattutto se paragonata a capolavori assoluti come Aria di Alan Sorrenti o Il
giardino del mago del Banco. Giganteggia però la figura di “Bambi” Fossati, con
la sua voce calda ed espressiva. La lunga composizione si chiude con un assolo
di chitarra che emerge timidamente sul finale della terza parte, per poi
espandersi e dilatarsi, sorretto da percussioni caraibiche che ricordano la
migliore stagione dei Santana.
La chitarra di Bambi è l'assoluta protagonista
del lato A, composto da tre brani, diversi per ritmo, genere e ispirazione.
L'apertura di Maya desnuda, per giunta arricchita da un testo davvero audace, è
l'apoteosi della tecnica chitarristica di Fossati, che dimostra con poderosi
riff tutta la sua devozione a Jimi. Forse non un pezzo originalissimo, anzi
piuttosto derivativo, eppure unico nel panorama nazionale. Negli stessi anni, soltanto Enzo Vita offriva un suono più duro e quadrato. 26 febbraio 1700 è
invece una ballata soffice e malinconica, con un perfetto incastro di voce,
testo e musica, con predominanza delle tastiere di Lio Marchi. Trascurabile è
invece L'ultima graziosa, che chiude la prima facciata.
Nuda non può mancare in
una collezione di rock progressivo italiano che si rispetti, per la sua
eccentricità rispetto ad altri lavori coevi. È un 33 giri che dà un posto d'onore alla chitarra,
strumento quasi negletto dal genere. E quanto fa male pensare che il compianto
“Bambi” Fossati non abbia mai raggiunto il successo, che pure avrebbe meritato
per indubbia superiorità sul campo!
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