Tempo fa, recensendo il primo e unico
disco dei Mercenaries di Claudio Dentes, utilizzai l'espressione “nostrani ma
strani”, a significare l'eccentricità del gruppo nel panorama musicale
italiano. La definizione ben si adatta ai Chrisma (poi Krisma), forse il più
celebre e riuscito esperimento del synth-pop nazionale, un nome che non ha
bisogno di presentazioni. La vicenda è nota: Maurizio Arcieri, già icona beat
coi New Dada e modello di fotoromanzi, conobbe e sposò la svizzera Christina
Moser; il duo prese il nome di Chrisma, dalle loro iniziali. Esordirono con un
repertorio leggero di gusto danzereccio, per essere poi folgorati dal punk in
quel di Londra. Il resto è storia: la pubblicazione di Chinese restaurant, il
tentativo di portare in Italia il genere elettronico, l'equivoco di chi li
scambiò per filonazisti, Maurizio che si tagliò un dito durante un concerto
come risposta alle contestazioni. Al di là degli aneddoti, è indubbio che il
duo abbia avuto una certa popolarità e diversi passaggi televisivi, a
differenza di altri gruppi wave nostrani che pure cantavano in inglese, come
Neon o Frigidaire Tango. Al successo ha contribuito molto la fama di coppia
inossidabile, lei meravigliosa come una diva d'altri tempi, lui un bello da
fotoromanzo. Ma i Chrisma erano tutt'altro che apparenza: sostanza pura e
talento limpidissimo.
Letteratura, Musica, Scrittura, Cinema, Arte e altri argomenti. Per un pensiero non allineato.
28 ottobre 2021
"Hibernation": suoni dalla città di ghiaccio
Si ascolti Hibernation, anno di
grazia 1979, il loro secondo disco. Dentro c'è tutta l'essenza dei Chrisma: il
punk, l'elettronica, i cosmici tedeschi, la new wave più algida e sperimentale.
Una combinazione vincente, un suono al contempo decadente e futurista che
oscilla tra Londra e fascinazioni mitteleuropee. Hibernation appunto, a
indicare una musica fredda, spersonalizzata, algida. Il disco fu prodotto da
Niko Papathanassiou, fratello del più noto Vangelis, con Dave Marinone quale
ingegnere del suono, già collaboratore de Le Orme e Vecchioni. La copertina di
Mario Convertino è splendida, sensuale e futuristica, tra le migliori del rock
italiano. In sala di registrazione, oltre a Maurizio (voce e tastiere) e
Christina, c'erano Ezio Vevey alla chitarra (dalla Locanda delle fate),
Papathanassiou ai sintetizzatori e il grande Lucio Fabbri col suo violino (in Rush '79 e We r.).
L'esordio di Calling è un perfetto
esempio di electro-punk: un tappeto sghembo di sintetizzatori e la voce
salmodiante di Arcieri, un andamento incalzante che potrebbe andare avanti all'infinito.
Aurora B., la seconda traccia, è un capolavoro. Da dove cominciare? Dal piano
su cui si innestano rimasugli di elettronica, dalla voce di Christina che è
essa stessa un'interpretazione del testo, dagli struggenti violini o dalla
fisarmonica che fa capolino in coda? Le parole non possono rendere l'idea:
basti dire che è un brano raffinatissimo, dalle tonalità new romantic, forse il
vertice della produzione italiana. Il primo lato si chiude con Hibernated nazi,
in cui i Chrisma giocano con l'equivoco e ci regalano un pezzo che non avrebbe
sfigurato in Before and after science di Brian Eno. A sorpresa, la seconda
facciata alza ancora l'asticella. Fenomenale Gott gott electron, che all'epoca
fu lanciato come singolo. L'incedere è marziale e algido, nello stile dei
Kraftwerk; la voce di Maurizio è robotica, mentre Christina aggiunge un tocco
caldo, umanissimo. La successiva We r. è un'evoluzione del sexy sound che li
lanciò nel 1976, virato stavolta verso territori elettronici. Il testo è
intrigante e due versi rendono bene l'idea: «she
looks so chaste / putting on the leather mask». Infine, So you don't e Lover
sono due cavalcate elettriche con la chitarra di Vevey in evidenza; è post-punk
ai massimi livelli, che anticipa una tendenza che un paio d'anni dopo sarà il
marchio di fabbrica dei primi Sound di Jeopardy.
Il disco è stato ristampato in vinile nel 2015 dalla
Spittle Records, per cui è facilmente reperibile senza svenarsi. In un'epoca
come la nostra, così povera di fantasia, Hibernation può ancora dire la sua.
Electro-punk e synth-pop sembrano appartenere a epoche remote, eppure questo LP viene
direttamente dal futuro.
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