15 ottobre 2021

"La Bibbia al neon" di John Kennedy Toole: ombre dalla provincia americana

Fino a una settimana fa non sapevo neppure chi fosse John Kennedy Toole, né l'avevo mai sentito nominare. Faccio ammenda e riconosco che la mia conoscenza della letteratura americana della seconda metà del XX secolo è piuttosto limitata: Kerouac, Fante, Burroughs e qualcun altro. Il nome di Toole si è aggiunto alla ristretta schiera dopo la lettura de La Bibbia al neon, pescato per caso su una bancarella di libri usati. La scelta, per quanto casuale, si è rivelata così azzeccata che ho deciso di procurarmi l'altro suo libro, Una banda di idioti, recensito entusiasticamente da critica e pubblico. Ho scritto “l'altro” e non “un altro” suo libro, perché John Kennedy Toole è autore di due romanzi, per giunta pubblicati postumi. Si suicidò nel 1969, all'età di trentadue anni, senza aver dato alle stampe un solo volume; fu per la caparbietà della madre e l'intercessione dello scrittore Walker Percy se nel 1980 Una banda di idioti vide finalmente la luce nelle librerie americane.

La prima edizione de La Bibbia al neon risale invece al 1989, anche se in realtà è il primo libro di Toole in ordine cronologico. L'autore lo ultimò all'età di sedici anni, giudicandolo troppo acerbo e ingenuo per poter essere pubblicato. Sorge dunque un dilemma: se sia giusto dare alle stampe un volume contro la volontà del suo autore. Se infatti Toole tentò di far pubblicare Una banda di idioti, chiuse invece in un cassetto il suo precoce esordio. Ovviamente non è possibile dare una risposta univoca; di certo l'iniziativa fu presa dalla madre, per cui si presume che abbia fatto la scelta più rispettosa della memoria del figlio. Al di là di questo aspetto, è fuor di dubbio che sarebbe stato un peccato se questo libro non fosse mai esistito. Certo ci sono delle ingenuità, sicuramente si nota una giovanile esuberanza senza freni, eppure, se venisse offerto in lettura a scatola chiusa, sono certo che nessuno lo bollerebbe come un prodotto adolescenziale. La Bibbia al neon forse non è un grande romanzo, nondimeno è egualmente memorabile. Sfido molti degli autori a noi contemporanei a diffondersi in pagine di così sofferta intensità emotiva, nella descrizione lucida e commossa di un travaglio interiore che non ha risposte.
Io narrante e protagonista è David, un bambino che vive in una piccola contea della Louisiana, nella bigotta e sonnolenta provincia americana. A vegliare sui costumi e sulla moralità degli abitanti ci sono le supreme autorità di un ancien régime stantio e polveroso, eppure ancora duro a morire: lo sceriffo, il pastore protestante e gli insegnanti. Simbolo materiale di questa oppressione del pensiero è una grande bibbia al neon piazzata sopra il tetto della chiesa, che di notte spande la sua luce artificiale per tutta la valle, intimando ai nottambuli di pentirsi e orientare i propri pensieri verso ciò che è giusto e casto. La famiglia di David è malvista, perché ha in sé i marchi del peccato: nessuno è iscritto nei registri parrocchiali e la zia Mae aveva un passato come ballerina e cantante in locali di terz'ordine. Il romanzo inizia quando la zia Mae va a vivere a casa di David, ancora bambino, e si conclude con la fine dell'adolescenza di quest'ultimo. È dunque un romanzo di formazione, anche se inquadrarlo entro un genere non rende pienamente giustizia. La Bibbia al neon è in primis un romanzo corale e una feroce critica alla provincia americana a cavallo del secondo conflitto mondiale: una società ripiegata su se stessa, razzista, classista, incapace di slanci vitali, conformista fino alla fobia del diverso. In questo contesto uno come David non può che soccombere. D'altronde, lui proviene da una famiglia modesta, a cui si aggiunge una donna scandalosa come la zia Mae. É un ragazzino immaginoso e solitario, che guarda il mondo da una prospettiva eccentrica rispetto al comune sentire, in una società che non accetta siffatte deviazioni.
Il romanzo può essere agevolmente diviso in due parti. La cesura è rappresentata dalla morte del padre in guerra, nella lontana Italia. Se nella prima parte predominano i toni ironici e soffusi, nella seconda c'è un vero e proprio climax drammatico, che culmina nel doloroso finale. La Bibbia al neon è un'opera che nelle prime pagine ti accarezza docilmente, per poi colpirti senza pietà come un pugno allo stomaco. Affrontata l'ultima riga, si rimane tramortiti. È giusto trattare così il lettore? Una risposta non c'è, ma una cosa è certa: questo è l'effetto della vera letteratura.

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