4 ottobre 2022

"Un anno terribile" di John Fante: il sogno del déraciné

Da adolescente lessi Chiedi alla polvere, nell'edizione uscita in abbinamento al quotidiano La Repubblica. Poi nella biblioteca della scuola scovai un altro libro di Fante, La strada per Los Angeles. Da allora, sto parlando degli anni 2002-2004, non mi ero più imbattuto nello scrittore italo-americano. Difatti, nonostante le buone impressioni, non è un autore che ho avuto modo di approfondire. In questi giorni mi è invece capitato tra le mani un suo romanzo breve, tra i meno noti, pubblicato postumo nel 1985 per intercessione della moglie. Un anno terribile è un libricino che rivela il talento cristallino di un grande scrittore, addirittura meglio delle sue opere più celebri. Non è dunque un caso se Fante ci lavorò per molti anni a intervalli irregolari, morendo senza averne ultimato la stesura definitiva.
Un anno terribile è la storia di un ragazzo che sogna di diventare un giocatore di baseball professionista. Dominic Molise, questo il suo nome, è figlio di due immigrati italiani e vive in una gelida cittadina del Colorado. Il padre è un muratore disoccupato abruzzese, la madre è di origini lucane. Facile rinvenire profili autobiografici, dato che la madre di Fante era della Basilicata, mentre papà Nicola veniva da Torricella Peligna in provincia di Chieti. La famiglia Molise è povera ma dignitosa e Dominic sogna di avere successo nel baseball per migliorare le condizioni di tutti. É esile, basso e con le orecchie a sventola, ma crede di essere un lanciatore provetto perché ha dalla sua parte il potente braccio sinistro, da lui personificato e chiamato con magniloquenza il Braccio. Esilaranti le pagine in cui Dominic parla con il Braccio, lo coccola, lo consola se è preoccupato, lo riscalda se ha freddo e lo protegge con un formidabile unguento, il balsamo Sloan dalla fragranza di pino.
In questo romanzo il baseball non è semplicemente uno sport popolare, ma è simbolo e incarnazione del "sogno americano". Fante si fa portavoce dei ragazzi cresciuti a cavallo tra gli anni Venti e Quaranta del Novecento, per i quali il baseball era uno strumento, anzi l'unico strumento, di affermazione e scalata sociale. Tema centrale del romanzo è l'analisi del conflitto tra Dominic e i suoi genitori, ossia tra gli immigrati di prima generazione e i loro figli nati in America. Mentre i padri confidavano nel lavoro come strumento di riscatto e rivincita anche contro il razzismo, i figli non credevano che il cambiamento potesse venire dalla fatica e dal sudore della fronte. Il lavoro non era considerato da loro un ascensore sociale: l'unica strada da seguire per uscire da una vita di stenti ed emarginazione era il baseball. Non a caso i miti di Dominic sono come lui, hanno nomi americani e cognomi italiani: Joe Di Maggio, Tony Lazzeri, Joe Cicero. Ragazzi poveri, figli del nulla divenuti celebrità.
Nonostante sia un romanzo breve, Un anno terribile offre una straordinaria carrellata di indimenticabili personaggi. Il talento di Fante sta proprio nella capacità di tratteggiare un carattere con poche rapide e incisive pennellate. Questa naturalezza nel saper delineare a tuttotondo un personaggio in poche pagine e battute è, a mio avviso, la chiave del suo successo di critica e di pubblico.
Molteplici gli spunti di riflessione e le chiavi di lettura. In primo luogo, Un anno terribile offre un vivace spaccato della vita degli immigrati italiani negli Stati Uniti nella prima metà del ventesimo secolo. Immigrati che, per dirlo con le parole dello stesso Fante, si commuovevano fino alle lacrime sulle note di Torna a Surriento, ma allo stesso tempo guardavano con ammirazione al modello americano. Fante non nasconde nulla della loro misera vita, eppure non lo fa con toni lacrimevoli; anzi, l'ironia è il punto forte della sua scrittura. Il vero dramma non è materiale, ma identitario, inerente al senso di appartenenza. Dominic Molise è l'emblema di questo tormento: egli è un déraciné, uno sradicato senza un'identità forte. Non si sente pienamente italiano perché non è mai stato in Abruzzo, terra che conosce solo per i racconti nostalgici dei suoi familiari. Al tempo stesso, non è pienamente americano perché porta impressa sulla pelle e nel nome una diversa origine. Cosa fare allora? L'unico strumento per emanciparsi e diventare parte del sogno americano è il baseball, che da sport si fa promessa di eguaglianza e livellamento sociale. Tuttavia, il richiamo delle radici avrà infine la meglio persino sulla ferma volontà di Dominic.

Nessun commento:

Posta un commento

Commenta l'articolo!