24 marzo 2023

"Diavolo in corpo": l'Italia che vuole dimenticare

Il titolo di questo film del 1986 di Marco Bellocchio è preso in prestito da un celebre e scandaloso romanzo di Raymond Radiguet, pubblicato nel 1923. Tuttavia non si tratta di una trasposizione cinematografica del libro: diverse sono la trama, l'epoca, i luoghi. Il romanzo, ambientato in Francia negli anni bui della Grande Guerra, racconta l'immorale relazione tra un ragazzino e una donna promessa sposa a un soldato impegnato al fronte. Nel film di Bellocchio l'azione si svolge nella vivace Roma di metà anni Ottanta, in un Paese che assapora gli ultimi palpiti del benessere economico costruito nel secondo dopoguerra. Come nel libro, c'è una donna più grande che seduce un liceale, mentre il futuro marito languisce in carcere (e non in trincea). Le similitudini, piuttosto vaghe, finiscono qui.
Protagonisti del film sono Andrea e Giulia, interpretata dalla bella e brava Maruschka Detmers. Andrea è uno studente, figlio dello psicanalista presso cui è in cura proprio Giulia. L'incontro tra i due avviene in una circostanza casuale, quando entrambi sono testimoni del tentativo di suicidio di una giovane, in procinto di lanciarsi dal tetto di un palazzo. Per Andrea conoscere Giulia è come cadere ammalato: la donna è per lui un'ossessione, al punto che la scuola, la famiglia e persino le amicizie passano in secondo piano. Dopo molti inseguimenti, riesce a parlarle in un'aula di tribunale, dove lei si reca per seguire il processo a carico del fidanzato Giacomo, imputato per reati di banda armata e terrorismo. Le imputazioni sono gravissime, ma Giacomo è un pentito e può beneficiare di consistenti sconti di pena. In attesa che il fidanzato esca di prigione, Giulia intraprende una relazione con Andrea, prima clandestina e poi alla luce del sole. La liaison tra i due è ferocemente osteggiata dalle rispettive famiglie: il padre di Andrea è contrario perché a conoscenza dei disturbi psichici di Giulia, la futura suocera della ragazza non può tollerare l'oltraggio fatto al figlio rinchiuso in carcere.
Diavolo in corpo non è considerato tra i migliori lungometraggi di Bellocchio, sebbene non abbia molto senso il confronto con capolavori come I pugni in tasca, La Cina è vicina e Nel nome del Padre, opere uniche e inarrivabili. Al pari di questi, anche Diavolo in corpo tratta tematiche scomode, come il disagio psichico e il terrorismo. É arcinota l'influenza dello psichiatra Massimo Fagioli nella scrittura e nel montaggio delle scene, con tanto di polemiche che accompagnarono l'uscita del lungometraggio. Non a caso nei titoli di testa il nome del medico è riportato accanto a quello del cineasta: «regia di Marco Bellocchio, che dedica personalmente il film a Massimo Fagioli». È Giulia la figura emblematica dal punto di vista dell'analisi psicologica: nonostante il padre sia stato ucciso dai terroristi, è fidanzata proprio con uno di loro. Verrebbe anzi da pensare che la relazione con Giacomo sia una sorta di catarsi, uno strumento ambiguo per allontanare i fantasmi dell'omicidio del padre. C'è in lei la volontà di dimenticare, di vivere la vita come se fosse un sogno; da ciò discendono l'irrazionalità delle sue scelte, gli scoppi d'ira, le risate incontrollate, la passionalità quasi animalesca. Giulia è forse la personificazione dell'Italia di metà anni Ottanta, un Paese che aveva bisogno di leggerezza, di lasciarsi alle spalle la stagione più cupa della storia repubblicana. Bellocchio intercettò questa esigenza e tentò di tradurla in un lungometraggio.
Diavolo in corpo, al di là della vicenda "scandalosa", è dunque un film ambizioso negli intenti e forse per questo imperfetto e altalenante. Punti di forza sono l'intensa e perfetta interpretazione di Maruschka Detmers, la fotografia e alcune memorabili scene d'interni. Convince di meno lo scarso approfondimento della componente politico-ideologica: per dare forza al linguaggio psicanalitico, infatti, il discorso sul terrorismo è ridotto ai minimi termini. Di tutto il sangue versato rimangono una lapide sul Lungotevere, un processo farsesco nonostante i gravissimi capi di imputazione, un terrorista (Giacomo) che si conforma alle regole del vivere borghese a velocità impressionante e quasi sospetta. 
Ma si tratta davvero di un difetto? O forse l'intento di Bellocchio era proprio quello di mostrare il volto di un'Italia che voleva dimenticare? Se così fosse, c'è perfettamente riuscito.
Copertina dell'edizione illustrata della sceneggiatura (Le Mani-Microart'S

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