4 aprile 2023

"Fratelli" di Carmelo Samonà: un viaggio da fermi

In una casa avita nel cuore di una grande città vivono due fratelli, ultimi discendenti di una famiglia la cui storia è avvolta nel mistero. Uno dei due è malato, l'altro si è sacrificato per assisterlo. La sua, si intuisce, non è stata una scelta: morti i genitori, partiti gli altri fratelli, si è trovato obtorto collo nel ruolo di infermiere e assistente. Non ci viene detto quale malattia affligga il fratello minore, si capisce solo che si tratta di una patologia psichiatrica che ne offusca il raziocinio e le facoltà cognitive, pur non impedendogli di muoversi, parlare (poco), costruirsi una personale visione del mondo. Un'invisibile catena lega i due fratelli in un rapporto di co-dipendenza asfissiante e tuttavia intrigante.
Il siciliano Carmelo Samonà (1926-1990) è stata una figura eccentrica nel panorama letterario nazionale. Professore universitario, tra i principali ispanisti del nostro Paese, approdò alla letteratura non più giovanissimo, nel 1978, pubblicando proprio Fratelli per Einaudi. Il romanzo ebbe inaspettati riscontri favorevoli sia dal pubblico che dalla critica. Fu seguito da Il custode (1983) e da Casa Landau, pubblicato postumo e incompiuto. La sua breve stagione letteraria, interrotta dalla morte prematura, ha prodotto i tre romanzi citati e una manciata di racconti. Uno di questi, L'esitazione, è presente in appendice all'edizione Sellerio del 2008 di Fratelli, arricchita peraltro da Suoni flebili e opachi, un breve saggio di Francesco Orlando che ricostruisce la vicenda umana e intellettuale di Samonà.
Tornando a Fratelli, va subito messo in chiaro che si tratta di un romanzo di impressioni più che di eventi, un lungo monologo interrotto di rado da qualche fugace scambio di parole. L'azione si svolge quasi interamente nel grande appartamento. La casa è un labirinto povero di suppellettili, un dedalo di corridoi, stanze vuote, misteriosi anditi, angoli sconosciuti persino agli stessi abitanti che si aggirano attoniti, a volte in coppia, più spesso in solitaria. La giornata dei due germani è scandita da un complesso di rituali che si ripetono in infinite varianti, come lo scambio degli abiti, la passeggiata pomeridiana fino ai giardini, i giochi che prendono la forma di rappresentazioni sceniche, gli spostamenti dentro casa chiamati pomposamente Piccoli e Grandi Viaggi.
Le parole che i due scambiano sono pochissime, eppure ricche di simbolismi. "Cercami", dice il malato all'altro; "mi hai trovato", esclama ogni volta che si incontrano nei lunghi corridoi dell'appartamento-labirinto. Poche frasi, eppure toccanti e vive, espressione del reciproco desiderio di ritrovare affinità e condivisione oltre la malattia. Quello dei due fratelli è un viaggio continuo, anche da fermi; è il viaggio alla scoperta dell'insondabile mistero della mente umana, nella speranza di svelare e finanche sconfiggere il mostro senza nome del disagio psichico. Per questo è un libro potente che racchiude molteplici significati entro la cornice di una storia minima.
A mio avviso, la letteratura di Samonà oscilla tra due poli opposti: la ricchezza lessicale e la (voluta) povertà di eventi e personaggi. Quanto al primo polo, lo stile dello scrittore siciliano è colto e ricercato; nella sua scrittura densa e corposa è evidente il marchio della formazione accademica. Quanto agli accadimenti, Samonà li riduce all'osso, o addirittura li azzera come ne Il custode. In quest'ultimo romanzo c'è un solo personaggio, in quanto l'altro, il carceriere, non si fa mai vedere né spicca parola. Nei Fratelli i personaggi "reali" sono invece due; gli altri sono evocati con sintetici cenni, come se fossero dei fantasmi. Un terzo personaggio ci sarebbe, ma ne abbiamo solo una conoscenza de relato, tanto che persino il narratore della vicenda dubita della sua reale esistenza: è la donna col cane zoppo, figura esoterica con cui il fratello malato stringe un'effimera amicizia.
Fratelli è un romanzo che nel 1978 ottenne un certo seguito di pubblico e lettori, tanto da essere finalista al Premio Strega. Oggi il libro e il suo autore sono quasi dimenticati, non certo per demeriti letterari. Samonà ha pagato la morte prematura e il suo essere uno scrittore fuori dagli schemi, originale ma non sperimentale, libero perché del tutto disinteressato alle mode o all'ansia di compiacere il pubblico. Le sue opere andrebbero riscoperte, a partire da questo intenso esordio.

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