30 aprile 2023

"Il mondo perduto" di Arthur Conan Doyle: l'altopiano del tempo smarrito

In questa società impoetica che guarda ossessivamente al futuro e considera il voltarsi indietro come una debolezza, leggere o riprendere in mano i classici della letteratura d'avventura è quasi un gesto eversivo. Eppure non bisogna dimenticare che il filone avventuroso di fine Ottocento è stato il brodo di coltura in cui sono nate molte idee successivamente sviluppate dal cinema e dai fumetti. Il mondo perduto di Conan Doyle ne è l'esempio perfetto: non si contano le opere letterarie, cinematografiche e figurative che ha ispirato in oltre un secolo, a cominciare da Jurassic Park, uno dei più grandi successi degli anni Novanta. Nonostante sia indubbiamente figlio dell'epoca in cui fu scritto, rimane un classico godibile ed emozionante.
La vicenda è arcinota. Edward Malone, giovane reporter della Daily Gazette, vuole realizzare un'impresa eccezionale per dimostrare alla donna che ama di essere un eroe senza macchia e senza paura. L'occasione della vita gli si presenta nelle vesti del professor Challenger, un antropologo e zoologo dal carattere difficile, un misantropo ignorato dalla comunità scientifica. L'ostilità nei suoi confronti origina dal fatto che qualche anno prima, di ritorno da una spedizione in Sud America, aveva raccontato di essere approdato in una terra sconosciuta abitata da animali preistorici, senza tuttavia fornirne alcuna prova. Ovviamente nessuno gli aveva creduto; anzi, i suoi colleghi l'avevano irriso pubblicamente, facendolo sprofondare in uno stato di apatia e frustrazione. Il giornalista invece mostra di credere alla bislacca storia e così il professore, desideroso di riscatto, organizza una seconda spedizione nella terra perduta. Anche Malone si imbarca, assieme a un soldato di ventura di nome Roxton e al professor Summerlee, acerrimo rivale di Challenger. Dopo un viaggio estenuante, i quattro raggiungono nel cuore dell'Amazzonia il misterioso acrocoro, ossia l'altopiano circondato da ripidi contrafforti montuosi dove vivrebbero le creature preistoriche. Senza svelare altro della trama, basti dire che le scoperte dei coraggiosi esploratori superano di gran lunga quanto è lecito immaginare.
Il mondo perduto fu pubblicato nel 1912, in un'Europa gaia e giuliva che di lì a poco sarebbe precipitata nella tragedia della Grande Guerra. Come ho scritto, il libro è figlio del suo tempo, in senso positivo e negativo. In primis, emerge dalle sue pagine una sconfinata fiducia nella scienza, nella tecnica e nell'intelligenza umana. La Londra dei treni e delle ciminiere si erge come il polo della civiltà, cui si contrappone la rozza e selvaggia foresta amazzonica, amena ma pericolosa, insidiosa e primitiva. Conan Doyle inoltre fu influenzato dalle letture di Darwin e Spencer, le cui teorie evoluzionistiche sono oggetto di dibattito tra i membri della spedizione. Anche il tema delle ricerche antropologiche e delle straordinarie scoperte archeologiche era d'attualità in quegli anni; con ogni probabilità lo scrittore scozzese trasse ispirazione dalla vicenda reale di Hiram Bingham, archeologo statunitense che nel 1911 "riscoprì" le rovine di Machu Picchu destando meraviglia e interesse in tutto il mondo.
Altri aspetti del romanzo, invece, si scontrano con la sensibilità moderna. In primo luogo, emerge dalle pagine una certa ideologia colonialista e finanche razzista. Basti pensare alla sufficienza con cui i protagonisti trattano gli aiutanti indigeni, oppure al senso di superiorità che manifestano nei confronti del fedele aiutante di colore Zambo, lasciato ai piedi dell'acrocoro sia per fornire assistenza in caso di emergenza, sia perché non considerato degno di far parte di una spedizione scientifica. Ho trovato inoltre disturbanti le pagine in cui viene descritto il massacro degli uomini-scimmia, a cui partecipano anche i quattro membri della spedizione. Malone e soci non perdono occasione per rimarcare la loro superiorità di europei, sebbene questa presunta superiorità sia tecnica e niente affatto morale. E invero, i quattro prima invadono un territorio vergine e sconosciuto, poi con armi terribili e moderne sovvertono l'equilibrio che da millenni vi regnava.
Si prendano con le dovute precauzioni queste mie considerazioni da osservatore contemporaneo, che non vogliono essere una sterile critica. Come ho già ribadito, Il mondo perduto è un libro che va contestualizzato nell'epoca in cui fu scritto, per cui sarebbe davvero fuori luogo muovere accuse a Conan Doyle. Quel che conta è che, a distanza di oltre un secolo, le sue pagine ancora solleticano il gusto per l'esotismo, il viaggio e l'avventura.
Vecchia edizione Newton Compton (1993)

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