19 marzo 2024

"Gioventù. Scene di vita di provincia" di John Maxwell Coetzee: una dolorosa iniziazione

Si parla poco della storia del Sudafrica, meno di quanto meriterebbe una delle pagine più controverse del Novecento. L'apartheid è solo menzionata dai manuali di storia delle scuole superiori, brevi cenni che non rendono pienamente l'idea di cosa è stato l'ultimo sistema segregazionista protetto dall'ombrello della legge. Come ho già scritto altrove, quando si parla di lotta contro l'apartheid, il pensiero corre a Nelson Mandela e ai militanti dell'African National Congress. Eppure non fu esclusivamente una battaglia della gente di colore: molti cittadini bianchi fecero propria questa buona causa, pagando addirittura con il carcere. I bianchi che non appoggiavano la segregazione erano coraggiosi, perché ci voleva ardimento per abbandonare i privilegi di cui si godeva esclusivamente per il colore della pelle, abbracciando la causa degli esclusi e degli emarginati. C'era poi una terza categoria, formata da quelli che non sostenevano né il governo né gli attivisti di colore, provando al contempo disgusto per la classe dominante e sfiducia verso quanti avrebbero dovuto rovesciarla. L'unica opzione concepibile era emigrare. È a questa minoranza di scettici che Coetzee ha dato voce nel romanzo Gioventù. Scene di vita di provincia.
Si tratta del secondo volume di un'autobiografia fittizia principiata col romanzo Infanzia. La vicenda è narrata anonimamente in terza persona. Il protagonista John è un giovane studente di matematica di Città del Capo. Sebbene in Sudafrica sia privilegiato in quanto bianco, prova insofferenza verso il proprio Paese e i suoi abitanti. Il Sudafrica gli appare come una terra arretrata nonostante la ricchezza materiale, culturalmente povera, lontana dai grandi movimenti artistici, capace solo di scimmiottare malamente le mode provenienti dall'Inghilterra o dagli Stati Uniti. In poche parole, una nazione senza identità, ignorata dagli europei cui vorrebbe assomigliare e tuttavia non pienamente africana. John invece pensa di essere un artista, un poeta per la precisione, e non tollera che il tempo gli sfugga di mano senza averlo pienamente vissuto. Così un giorno, prima della notifica della famigerata cartolina per la leva obbligatoria, si lascia tutto alle spalle e parte per l'agognata Londra.
Sono i primi anni Sessanta, gli anni della Swinging London, quando la capitale inglese si è affermata come centro indiscusso dello stile, della moda e della cultura. John prova in tutti i modi a diventare londinese e a recidere i contatti con la madrepatria; addirittura viene assunto come programmatore dalla IBM, conducendo una vita convenzionale che stride coi suoi sogni da artista bohémien. Scopre però di non essere tagliato per quell'esistenza e inanella un fallimento dietro l'altro, soprattutto in campo sentimentale. Inizialmente si convince che è il prezzo da pagare per diventare un vero artista: solo toccando con mano ogni abiezione e cadendo sempre più in basso potrà assomigliare ai suoi miti letterari. Anche questa è una fallace convinzione: la verità è che le origini sono una catena da cui non ci si può mai liberare.
«Il Sudafrica è come un albatro che gli sta sul groppone. Vorrebbe toglierselo di dosso, non gli importa come, così da cominciare a respirare.»
Gioventù è il resoconto di una dolorosa iniziazione che purtroppo conduce a uno scontato fallimento. È facile identificarsi in John, nella sua inettitudine e incapacità di adeguarsi al modello di esistenza che ha in mente. Dovunque vagherà sulla terra, sarà sempre un diverso, salvo nel natio Sudafrica, dove si trovano le sirene che gli fanno ribrezzo e tuttavia lo attirano perché gli somigliano. Alla fine dovrà accettare il fallimento come qualcosa di ineludibile. Coetzee sembra sostenere che non ha senso tentare di ribellarsi a un destino scritto nel sangue: una visione cupa e pessimistica espressa attraverso una scrittura densa e introspettiva. Gioventù è perfettamente inquadrabile nel genere del romanzo di formazione, sebbene la maturazione del protagonista coincida con lo sviluppo di un totale disincanto verso le cose del mondo. Nonostante innumerevoli esperienze di studio, lavorative, sentimentali e artistiche, John non riesce a trovare una strada che senta essere pienamente la sua. E torno dunque a quanto già detto all'inizio, ovvero che con Gioventù lo scrittore di Città del Capo ha dato voce a una minoranza negletta di "esuli" sudafricani.
Breve postilla. È un libro godibile che peraltro contiene molti riferimenti all'Italia e alla sua cultura; un motivo in più per leggerlo e apprezzare uno scrittore che nel 2003 è stato insignito del Premio Nobel.

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