«Gabriele Contardi è nato a Milano nel 1949, dove vive. Con Navi di carta ha vinto il Premio Calvino 1988». Queste sono le sintetiche note biografiche in quarta di copertina, né è possibile rinvenirne altre sulla rete. Sembrerebbe che egli sia autore soltanto di un altro volume: dalla consultazione del sito Opac del Servizio Bibliotecario Nazionale, infatti, a suo nome risulta anche Lettere da Alamo, edito nel 1995. Fin qui nulla di strano: sono migliaia gli autori sconosciuti della nostra letteratura, più o meno bravi, quelli che oggi vengono definiti "emergenti" anche se spesso sono destinati a non emergere mai. Per quel che concerne Contardi, la questione è più interessante, perché Navi di carta fu pubblicato da un grande editore come Einaudi e ancora risulta in catalogo; come già detto, vinse inoltre un premio prestigioso come il Calvino. Ci troviamo di fronte a un autore dotato di talento, per cui il mistero della sua scomparsa dai "radar letterari" si infittisce.
Navi di carta è uno strano romanzo a metà strada tra una favola moderna e una lirica in prosa; a tratti surreale, riprende alcuni elementi dell'eredità lasciata dalla corrente del Realismo magico. Tutto ha inizio con il ritrovamento di una lettera da parte di due amici, Giorgio e Piero, nel corso di una delle loro usuali passeggiate in un parco. Sulla busta manca l'indicazione del mittente e il destinatario è illeggibile. L'unico elemento certo è il francobollo da cui si evince che è stata spedita da Marsiglia. Il contenuto inquieta i due giovani: è una lettera d'amore colma di disperazione e la donna che l'ha scritta minaccia il suicidio. Tanto basta ai due amici per fare i bagagli e prendere il primo treno diretto a Marsiglia. Nella città francese, alla ricerca della misteriosa autrice della missiva, vivranno esperienze che li trasformeranno radicalmente.
Motori degli accadimenti sono il pretesto e il caso: i due protagonisti in realtà non decidono nulla, si lasciano trasportare dagli eventi. Nulla sappiamo di loro, se non il nome: non ne conosciamo l'età, la provenienza, la professione, il passato. A parte qualche sfumatura (Piero più impulsivo, Giorgio più razionale) sono indistinguibili e potrebbero essere benissimo due incarnazioni della stessa persona. Salvo qualche sporadico riferimento alla loro antica amicizia, come quando ricordano una serata al cinema o un giro sull'ottovolante, Giorgio e Piero sono essi stessi parte dell'enigma. Sembra proprio che non possano esserci persone più adatte per questa folle ricerca nel cuore di Marsiglia: non più ragazzi né ancora uomini, apparentemente senza storia, impegni o legami. Nella città francese incontrano personaggi altrettanto eccentrici: uno scrittore fallito che rifugge la luce del giorno, la titolare di un alberghetto che cade a pezzi e si chiama profeticamente Titanic, un vecchio che vive da solo nei pressi di un faro e trascorre le giornate a produrre modellini di barche con pezzi di scarto raccolti in riva al mare, una solinga bibliotecaria che solo all'apparenza è la chiave di volta del mistero.
Come già rilevato, Contardi ha dimostrato con questo libro di avere talento, specialmente nella descrizione di un universo plumbeo e malinconico, perso in un tempo senza tempo. La Marsiglia che fa da cornice alla vicenda ha tratti metafisici, sembra essere stata progettata da De Chirico. Una città stretta tra il mare e il cielo, dove un'umanità cupa e melanconica trascorre le proprie giornate nei caffè, negli alberghetti, nei locali notturni semivuoti, alla ricerca di un contatto umano che dia il senso della propria esistenza.
«Era all'incirca come l'aveva immaginata, quel genere di viso che gli era sempre piaciuto. Dolce, malinconico, immerso nei pensieri. Un viso serio e bellissimo, pieno di misteri. Da fare sognare un incontro tutto diverso, magari sotto la pensilina di una stazione deserta in una domenica di pioggia. Nell'ora in cui la gente si lascia scivolare negli angoli, travolta dalla malinconia e dalla noia, oppure butta qualcosa in una valigia, riempie di miglio la gabbia del canarino e parte per posti molto lontani. Nell'ora in cui non si ha niente da dire e tante cose da ricordare. In un'ora qualunque insomma.»
Navi di carta presenta al lettore un doppio enigma: quello della lettera e quello dell'autore. Contardi ha attraversato la nostra storia letteraria lasciando flebili tracce. I pochi commentatori che su internet hanno scritto qualcosa su questo libro l'hanno acquistato di solito su una bancarella dell'usato, sono stati attirati dalla quarta di copertina e hanno infine scoperto un piccolo gioiello dimenticato della nostra letteratura. E un autore, voglio aggiungere, che avrebbe meritato maggiore visibilità.