2 dicembre 2021

"Il sospetto" di Friedrich Dürrenmatt: la libertà è un delitto

Sospetto, caso e libertà sono i tre concetti intorno a cui ruota questo celebre romanzo, edito in volume per la prima volta nel 1953. La tesi del caso come arbitro e gerente dei destini umani non è nuova per chi conosce la produzione dello scrittore svizzero: è il nucleo ideologico di libri come La promessa o La panne. Per Dürrenmatt il mondo è un pezzo di terra che per ventura ruota intorno al sole, la realtà è un mistero inestricabile, come un codice solo parzialmente decifrabile dalla ragione o dominabile dalla volontà. Ne Il sospetto questa teoria si rivela in tutta la sua drammaticità.
«Tutto quello che si combina, le buone azioni come i delitti, succede così, per conto suo, il bene e il male cadono in tasca alla gente per caso, come a una lotteria; è per caso che uno diventa giusto e per caso che diventa un malvagio.»
È dal caso che nasce il sospetto, è da un evento casuale che prende il via l'indagine poliziesca. Il commissario della Polizia Criminale di Berna, Hans Bärlach, è ricoverato in ospedale per una grave patologia, assistito dal dottor Hungertobel, suo caro amico. Una sera, per puro caso, Bärlach sfoglia davanti all'amico un vecchio numero della rivista Life, ove campeggia una foto paurosa e disturbante che ritrae un medico nazista in un campo di concentramento, intento a operare senza narcosi un prigioniero. Hungertobel, nell'osservare la fotografia, ha un'impercettibile reazione di disagio che non sfugge all'occhio allenato del poliziotto Bärlach. Interrogato dal commissario, il medico afferma che l'assassino ritratto nella fotografia gli ricorda Emmenberger, un suo vecchio compagno di studi, primario in una clinica privata di Zurigo. Questa osservazione casuale è sufficiente per innescare il sospetto nella mente di Bärlach. Sembra impossibile che Emmenberger e Nehle, il medico nazista ritratto nella fotografia, siano la stessa persona; eppure il sospetto si ingigantisce, guadagna terreno e verosimiglianza, fino a occupare ogni fibra del cervello del vecchio commissario. Ha così inizio l'indagine poliziesca, quella scienza che si avvale in egual misura di “matematica e fantasia”, che porterà Bärlach a confrontarsi con i ciechi disegni del caso, a perdersi nelle spire del sospetto.
La verità a cui giungerà Bärlach è ancora più spaventosa delle sue supposizioni. Per arrivarci, dovrà scavare sino alle radici dell'inferno, conoscere un mostro che non uccide per noia o sadismo, ma per affermare la propria libertà al di sopra degli abusati concetti del bene e del male. La scoperta è sconvolgente: in un mondo regolato dal caso e dominato dal sospetto, persino il delitto può essere una manifestazione della libertà, uno strumento perverso di affermazione di sé.
«Non esiste una giustizia – come potrebbe essere giusta la materia? – esiste soltanto una libertà che nessuno si è meritata, una libertà che ognuno deve prendersi. La libertà è il coraggio del delitto, perché è essa stessa un delitto.»
Sebbene il romanzo sia ambientato quasi interamente nel chiuso di due stanze d'ospedale, è attraversato dall'inizio alla fine da una tensione strisciante, che avvince il lettore pagina dopo pagina. Addirittura il commissario Bärlach non si muove dal suo letto; come un ragno, tesse la sua trama senza allontanarsi dalla tela. Mentre nei gialli classici è il protagonista che si muove alla ricerca del colpevole, in questo romanzo sono gli altri personaggi (ivi compreso il colpevole) a ruotare intorno al letto dell'investigatore, a conferma del fatto che Dürrenmatt non era un giallista come gli altri. Forse è persino riduttivo annoverarlo tra i giallisti, perché attribuirgli un'etichetta significherebbe ignorare la profondità della sua analisi della società e del mondo. Per lui il poliziesco non era un fine, ma un mezzo. Nei suoi romanzi l'inchiesta fuoriesce dai limiti entro cui è storicamente confinata: non è uno strumento per individuare l'assassino, ma un mezzo per indagare il senso ultimo della realtà, per inchiodarla alle sue menzogne e contraddizioni. Il sospetto, per quanto sia un'opera giovanile, brilla per compiutezza e maturità di pensiero; è un giallo filosofico, o forse un trattato sull'umanità sotto forma di novella. In parole povere, è una delle prove narrative che meglio descrivono lo smarrimento e la crisi di coscienza del Novecento. E ancora oggi sorprende la lucidità dello sguardo dello scrittore elvetico, se si pensa che all'epoca della pubblicazione gli orrori del conflitto e del nazismo erano troppo recenti, vividi e pulsanti nell'animo degli europei.

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