Sospetto,
caso e libertà sono i tre concetti intorno a cui ruota questo celebre romanzo,
edito in volume per la prima volta nel 1953. La tesi del caso come arbitro e
gerente dei destini umani non è nuova per chi conosce la produzione dello
scrittore svizzero: è il nucleo ideologico di libri come La promessa o La panne. Per Dürrenmatt il mondo è un pezzo di terra che per ventura ruota intorno al
sole, la realtà è un mistero inestricabile, come un codice solo parzialmente
decifrabile dalla ragione o dominabile dalla volontà. Ne Il sospetto questa
teoria si rivela in tutta la sua drammaticità.
«Tutto quello che si combina, le buone azioni come i delitti, succede così, per conto suo, il bene e il male cadono in tasca alla gente per caso, come a una lotteria; è per caso che uno diventa giusto e per caso che diventa un malvagio.»
È dal caso che nasce il sospetto, è
da un evento casuale che prende il via l'indagine poliziesca. Il commissario
della Polizia Criminale di Berna, Hans Bärlach, è ricoverato in ospedale
per una grave patologia, assistito dal dottor Hungertobel, suo caro amico. Una
sera, per puro caso, Bärlach
sfoglia davanti all'amico un vecchio numero della rivista Life, ove campeggia
una foto paurosa e disturbante che ritrae un medico nazista in un campo di
concentramento, intento a operare senza narcosi un prigioniero. Hungertobel,
nell'osservare la fotografia, ha un'impercettibile reazione di disagio che non
sfugge all'occhio allenato del poliziotto Bärlach.
Interrogato dal commissario, il medico afferma che l'assassino ritratto nella
fotografia gli ricorda Emmenberger, un suo vecchio compagno di studi, primario
in una clinica privata di Zurigo. Questa osservazione casuale è sufficiente per
innescare il sospetto nella mente di Bärlach. Sembra
impossibile che Emmenberger e Nehle, il medico nazista ritratto nella
fotografia, siano la stessa persona; eppure il sospetto si ingigantisce,
guadagna terreno e verosimiglianza, fino a occupare ogni fibra del cervello del
vecchio commissario. Ha così inizio l'indagine poliziesca, quella scienza che
si avvale in egual misura di “matematica e fantasia”, che porterà Bärlach a confrontarsi con i ciechi
disegni del caso, a perdersi nelle spire del sospetto.
La verità
a cui giungerà Bärlach è ancora
più spaventosa delle sue supposizioni. Per arrivarci, dovrà scavare sino alle
radici dell'inferno, conoscere un mostro che non uccide per noia o sadismo, ma
per affermare la propria libertà al di sopra degli abusati concetti del bene e
del male. La scoperta è sconvolgente: in un mondo regolato dal caso e dominato
dal sospetto, persino il delitto può essere una manifestazione della libertà,
uno strumento perverso di affermazione di sé.
«Non esiste una giustizia – come potrebbe essere giusta la materia? – esiste soltanto una libertà che nessuno si è meritata, una libertà che ognuno deve prendersi. La libertà è il coraggio del delitto, perché è essa stessa un delitto.»
Sebbene il romanzo sia ambientato quasi interamente
nel chiuso di due stanze d'ospedale, è attraversato dall'inizio alla fine da
una tensione strisciante, che avvince il lettore pagina dopo pagina. Addirittura
il commissario Bärlach non
si muove dal suo letto; come un ragno, tesse la sua trama senza allontanarsi
dalla tela. Mentre nei gialli classici è il protagonista che si muove alla
ricerca del colpevole, in questo romanzo sono gli altri personaggi (ivi compreso
il colpevole) a ruotare intorno al letto dell'investigatore, a conferma del
fatto che Dürrenmatt non era un giallista come
gli altri. Forse è persino riduttivo annoverarlo tra i giallisti, perché
attribuirgli un'etichetta significherebbe ignorare la profondità della sua
analisi della società e del mondo. Per lui il poliziesco non era un fine, ma un
mezzo. Nei suoi romanzi l'inchiesta fuoriesce dai limiti entro cui è
storicamente confinata: non è uno strumento per individuare l'assassino, ma un
mezzo per indagare il senso ultimo della realtà, per inchiodarla alle sue
menzogne e contraddizioni. Il sospetto, per quanto sia un'opera giovanile, brilla
per compiutezza e maturità di pensiero; è un giallo filosofico, o forse un
trattato sull'umanità sotto forma di novella. In parole povere, è una delle
prove narrative che meglio descrivono lo smarrimento e la crisi di coscienza del
Novecento. E ancora oggi sorprende la lucidità dello sguardo dello scrittore
elvetico, se si pensa che all'epoca della pubblicazione gli orrori del conflitto
e del nazismo erano troppo recenti, vividi e pulsanti nell'animo degli europei.
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