Il vento che accarezza l'erba, Palma d'oro nel 2006 al 59.mo Festival di Cannes, è forse il film più crudo di Ken Loach. Il regista inglese, da sempre incline a un cinema militante e impegnato, con questo lungometraggio ha toccato picchi di drammaticità e finanche di violenza ineguagliati nella sua vasta produzione.
La vicenda è ambientata in Irlanda, durante la guerra d'indipendenza (1919-1921) e la successiva guerra civile. Narra le travagliate vicende che portarono alla nascita dello Stato libero d'Irlanda a seguito del Trattato anglo-irlandese. Questo Stato, progenitore dell'attuale Repubblica d'Irlanda, nacque come dominion dell'Impero britannico, dotato di una certa autonomia ma di fatto dipendente da Londra. Gli esiti del tanto agognato accordo non accontentarono l'ala oltranzista degli indipendentisti, che consideravano il trattato un inaccettabile compromesso rispetto all'auspicata piena indipendenza. Scoppiò così una guerra civile. Bastano queste poche nozioni di storia per comprendere un film che comunque presenta scene didascaliche che, lungi dall'essere pedanti, aiutano a comprendere la vicenda.
In un'amena contea irlandese vivono i fratelli O'Donovan, ossia il giovane medico Damien (interpretato da Cillian Murphy) e Teddy (Pàdraic Delaney), il maggiore. Teddy è un dirigente dell'I.R.A., mentre Damien ha deciso di lasciare la travagliata madrepatria per lavorare in un ospedale di Londra. Tuttavia anch'egli decide infine di rimanere, entrando a sua volta nell'I.R.A., dopo aver assistito all'uccisione di un amico d'infanzia da parte dei soldati inglesi, nonché al violento pestaggio di un ferroviere repubblicano che si era rifiutato per protesta di trasportare sul proprio convoglio le truppe di sua maestà.
Il conflitto è il tema al centro del film, a diversi livelli. Al primo c'è quello tra inglesi e irlandesi, poi quello interno alla stessa causa irlandese e infine il conflitto tra i due fratelli. Il dramma della vicenda pubblica si riverbera su una "questione privata", per dirla alla Fenoglio. Teddy accetta il trattato di compromesso e depone le armi, nella speranza che con il tempo e la diplomazia l'Irlanda possa conquistare la totale indipendenza; Damien, invece, ripudia le scelte del fratello e si dà alla macchia con l'ala più intransigente dell'I.R.A. La guerra civile diventa guerra fratricida nel senso letterale del termine; Loach porta il conflitto fino alle estreme conseguenze, come dimostra il devastante finale, forse il punto debole del film per eccesso di drammaticità.
Il regista di Nuneaton non mostra dubbi. La sua regia asciutta e senza fronzoli è al servizio della sceneggiatura del fido Paul Laverty, che tira dritto con una visione militante, a tratti manichea. Il rischio dietro l'angolo è quello di una eccessiva semplificazione, dove gli inglesi stanno inequivocabilmente dalla parte del torto: violenti, usurpatori, razzisti e insensibili agli altrui diritti. Dall'altra parte della barricata ci sono invece gli irlandesi: essi lottano per una giusta causa e ogni loro azione, persino le più violente e spregiudicate, è trattata con maggiore benevolenza. Il cineasta, pur non avendo dubbi su quale fazione sostenere, appare tuttavia consapevole dei rischi di un'eccessiva semplificazione. Viene dunque inserita nella sceneggiatura l'altra faccia della medaglia della giusta causa, le ombre del sogno irlandese. Anche gli indipendentisti durante quella guerra si sono resi responsabili di omicidi, esecuzioni sommarie e vendette. Non a caso tra le scene più crude del film c'è l'esecuzione senza processo di un possidente irlandese e di un giovanissimo membro dell'I.R.A. reo di tradimento.
Il sogno irlandese narrato nel film è anche quello di una società più giusta, dove la ricchezza possa essere distribuita equamente tra tutti. Loach riveste la lotta per l'indipendenza di un popolo con i colori dello scontro di classe, come dimostra l'eloquente scena del processo al capitalista usuraio. Al di là di alcuni eccessi ideologici, che tuttavia sono il marchio di fabbrica di Loach e come tale vanno accettati, Il vento che accarezza l'erba è destinato a restare a lungo nella memoria collettiva. È un film rabbioso e potente, impreziosito da un'ottima fotografia, dove le amene brughiere dell'Irlanda antica e rurale diventano lo splendido scenario di una storia sanguinosa di ingiustizie, da ambo le parti, che a distanza di cento anni gridano ancora vendetta.

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