17 dicembre 2018

"La panne" di Friedrich Dürrenmatt: un delitto si trova sempre

La lettura de La panne ha confermato l’impressione che già avevo avuto con Il giudice e il suo boia: a Dürrenmatt interessavano specialmente gli aspetti patologici della giustizia umana, lo intrigavano le implicazioni distorte della funzione giudiziaria. Secondo lo scrittore svizzero, il diritto non è das Recht, la strada dritta verso la verità, quanto piuttosto una linea contorta, che può essere piegata a piacimento lungo le direttrici del giusto o dell’abuso. E mentre ne Il giudice e il suo boia la domanda è se possa esistere un delitto perfetto, ne La panne l’interrogativo riguarda la possibilità di accusare taluno di un reato che non ha mai commesso, fino a convincerlo della propria (insussistente) colpevolezza. D’altronde, uno dei principali personaggi del romanzo, il pubblico ministero, dichiara senza mezzi termini che un delitto si trova sempre, basta indagare nel vissuto di ogni uomo.
Alfredo Traps, un modesto rappresentante di commercio, è costretto a fermarsi per la notte in un villaggio svizzero, a causa di una panne alla sua automobile. Viene ospitato dall'anziano proprietario di una dimora signorile, che lo invita a partecipare ad un gioco insieme ai suoi tre più cari amici. I quattro vegliardi sono pensionati che hanno calcato le aule di giustizia nelle vesti di giudice, pubblico ministero, avvocato e boia. Il loro gioco preferito consiste nel rinverdire i fasti del passato, inscenando finti processi a personaggi storici; quando però si presenta un ospite a cena, è quest’ultimo a venir coinvolto nel gioco, in veste di imputato. Traps si sottopone volentieri alla farsa, divertito e convinto della propria innocenza. Il pubblico ministero, invece, con una requisitoria logicamente impeccabile, anche se giuridicamente infondata, finirà per inchiodarlo ad una terribile verità, convincendolo di aver commesso un turpe delitto. È a questo punto che si verifica una panne anche nel cervello del povero Traps, un vero e proprio cortocircuito emotivo che lo condurrà ad esiti tragici.
Il breve romanzo lancia diversi interrogativi e spunti di riflessione. In primo luogo, centrale è il ruolo del caso, che per Dürrenmatt è il vero gerente dei destini umani. Il fatto che dà il via ad una concatenazione di eventi irreversibili e drammatici è una semplice panne, un guasto meccanico che genera conseguenze imprevedibili. Il titolo è dunque centrale nell'analisi del romanzo, perché richiama un tema assai caro all'autore svizzero: quello dell’evento fortuito e apparentemente marginale, che diviene il fulcro di coincidenze imponderabili.
Ad una lettura più approfondita, il libro è un'acuta riflessione sulla sacralità della giustizia, un affare troppo serio per diventare oggetto di giochi o spettacoli. Ed è proprio questo l’aspetto di più stretta attualità del romanzo; viviamo in un’epoca che ha fatto dei processi mediatici un vero e proprio affare milionario, ad uso e consumo di spettatori del tragico che cercano nella condanna altrui una catarsi dalle proprie meschinità. Dürrenmatt, sia pur involontariamente, anticipa i tempi e vuole dirci che la sala da pranzo del giudice in pensione, così come i moderni studi televisivi, non sono aule di udienza. Eppure, allo stesso modo e con la stessa effettività, possono decidere i destini umani. Sta dunque a noi, alla nostra intelligenza e sensibilità, fare in modo che ciò non accada.

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