21 aprile 2020

"Un bellissimo novembre" di Ercole Patti: la resa dell'innocenza

Da più parti si invoca la riscoperta del catanese Ercole Patti (1903-1976), una delle voci più intense della letteratura italiana del Novecento, che meriterebbe un'attenzione maggiore da parte di pubblico e critica. Le sue opere hanno un sapore profondamente siciliano, o più genericamente meridionale; eppure, a differenza di tanti scrittori del realismo meridionalista del Novecento – quali ad esempio Silone e Jovine –, il siciliano Patti non guardava alla realtà con l'occhio critico del polemista, quanto piuttosto con lo sguardo benevolo e allegorico del poeta. Pur non essendo un grande conoscitore della sua vasta produzione, ho letto Giovannino e Un bellissimo novembre, che mi hanno favorevolmente impressionato. Il punto di forza è nella scrittura agevole, ricercata senza essere sofistica, che Montale descrisse con un ossimoro, la “facilità difficile”.
Un bellissimo novembre, finalista al Premio Strega 1967, contiene elementi scabrosi e tragici; ciononostante, si dipana su ritmi lenti, senza strattoni fino al convulso finale. La trama ruota intorno a un topos della letteratura: l'iniziazione sentimentale e sessuale di un giovane da parte di una donna più grande. Mi vengono in mente, ma si potrebbero fare innumerevoli esempi, Il diavolo in corpo di Radiguet e, per rimanere entro i confini nazionali, Estate al lago di Vigevani.
Il protagonista è Nino, un sedicenne di Catania che ogni anno, al tempo della vendemmia, lascia la città per trascorrere con la madre alcune settimane di villeggiatura nell'avita dimora di campagna dello zio Alfio, a Zafferana Etnea. La vicenda si svolge interamente durante una lunga e tiepida Estate di San Martino dell'anno 1925, che segna per Nino la perdita dell'innocenza e la precoce iniziazione alla vita adulta. La trasformazione avviene per merito – o si potrebbe dire per colpa – della zia Cettina, che accende i sensi del ragazzo fino a farlo bruciare di una morbosa e infine tragica passione. Il fulcro della storia è dunque la relazione torbida e incestuosa tra la zia e il nipote: un semplice gioco per la prima, un clamoroso turbamento per il secondo.
E se certamente Cettina e Nino sono gli assoluti protagonisti del libro, Patti è abilissimo nel tratteggiare i personaggi di contorno, sia pure con fuggevoli pennellate. Si pensi allo sciupafemmine Sasà Santagati, oppure allo zio Alfio, che compare in un brevissimo cameo, sufficiente però a scolpirlo nella mente del lettore come uomo infido, avaro, attaccato alla “roba”. Poi c'è l'altra protagonista: la meravigliosa e selvaggia campagna etnea. Le descrizioni di Patti sono così realistiche che al lettore sembrerà davvero di camminare lungo l'infinita ràseda, di aggirarsi per vigne e castagneti, assaporando succosi fichi d'India, godendo del silenzio interrotto da qualche secca schioppettata, che cerca di intercettare il volo migratorio delle calandre.
Il romanzo vive di antitesi. La prima è quella tra campagna e città, che di fatto rispecchia la contrapposizione tra due età. La campagna rappresenta l'eterna vacanza, la spensieratezza dell'infanzia, l'ozio e la beatitudine della stagione, parola che in molti dialetti meridionali identifica l'estate. La città è invece l'inverno, raffigura il grigiore del dovere scolastico e lavorativo, le preoccupazioni e le ossessioni dell'età adulta. Anche i personaggi si collocano in posizioni antinomiche: Cettina è la carnalità, la madre di Nino è invece una presenza astratta, il cui spessore fisico è prima negato e poi decisamente rifiutato. Oppure si pensi alla dabbenaggine del marito di Cettina, il povero Biagio, cui fa da contraltare la sfrontatezza di Sasà. In questo caleidoscopio di personaggi granitici, scolpiti nella pietra, per Nino è difficile trovare un posto nel mondo. Lui è fatto ancora di sostanza tenera, cangiante, poco resistente alle intemperie della vita; non ha speranza, basta un moto incontrollato del cuore per ridurlo alla follia e infine al silenzio.
Consiglio vivamente la lettura di Un bellissimo novembre, un classico moderno baciato dal successo di critica e pubblico, oggetto anche di una fortunata riduzione cinematografica. È una lettura agevole ma al tempo stesso immersiva, forse l'apice del grande scrittore siciliano.
Vecchia edizione Garzanti (1971)

Nessun commento:

Posta un commento

Commenta l'articolo!