18 novembre 2020

"L'amore non guasta" di Jonathan Coe: le tante voci di un romanzo corale

Leggendo questo romanzo giovanile di Coe ho avuto l'impressione di un divario tra le probabili intenzioni dell'autore e il risultato finale. Cercherò di spiegare meglio il concetto, sicuramente opinabile al pari di ogni altra considerazione personale. L'amore non guasta è un romanzo ambizioso, che cerca di affrontare a gamba tesa e senza giri di parole alcune tematiche tra le più dibattute e controverse: la depressione, il suicidio, il senso profondo dell'amore, l'amicizia tradita, il fallimento individuale e collettivo. E lo fa con una storia cruda e amara, che lascia poco all'immaginazione e si impone sul lettore come un pugno allo stomaco, volutamente. Prima ancora della trama, si consideri brevemente la struttura dell'opera: la storia è raccontata da almeno sei punti di vista differenti, come pezzi di un puzzle di ardua composizione. L'intreccio è complicato da continue analessi e veri e propri “racconti nel racconto”, che forniscono ulteriori punti di vista, a volte confondendo persino il lettore scrupoloso. In questo senso è un romanzo ambizioso, perché Coe non si è accontentato di vestire i panni del narratore tradizionale, ma ha voluto affrontare tematiche spinose in maniera innovativa, o comunque non banale. Sembra quasi che la struttura del libro si adatti alla multiforme complessità del reale
Terminata la lettura, ci si interroga se la scelta dell'autore sia stata felice; la risposta non può che essere interlocutoria, almeno secondo il mio punto di vista. Prevale forse una certa confusione di fondo, l'impressione di non aver capito tutto, di aver solo parzialmente approfondito gli spunti di riflessione lanciati da Coe. Eppure, non si sente la necessità di rileggerlo da capo, perché si intuisce che quanto l'autore voleva dire sarebbe stato compiutamente espresso nei lavori successivi, da La banda dei brocchi a La famiglia Winshaw. Come ho scritto altrove, lo scrittore britannico ama la complessità dell'intreccio, resa dal continuo succedersi dei narratori e intersecarsi dei punti di vista, che rende talvolta macchinosa la trama. Questo meccanismo è già presente ne L'amore non guasta, ma sarà perfezionato nei lavori a venire, diventando una sorta di marchio di fabbrica. Riallacciandomi all'incipit della recensione, è qui che si nota un divario tra le intenzioni di Coe e la resa finale, tanto temerarie le prime da non essere messe definitivamente a fuoco. 
Parlando brevemente della trama, tutta la vicenda ruota intorno alla figura di Robin, eroe tragico e sensibile, destinato inevitabilmente alla sconfitta. Siamo a Coventry, in piena epoca thatcheriana; Robin è un giovane alle prese da oltre quattro anni con la stesura della tesi di dottorato, mai terminata e forse mai davvero iniziata. Il ragazzo è affetto da un oscuro male di vivere, causato da continui fallimenti nello studio, nelle amicizie, nella scrittura, nell'amore. Ed è in particolare un vecchio amore non corrisposto a costituire la miccia di un corto circuito mentale che lo condurrà a un tragico finale. La sua vicenda viene narrata da soggetti terzi: un vecchio amico, un collega di università, un'amica indiana, un'avvocatessa che ha preso a cuore una sua vicenda giudiziaria. Le voci di questi personaggi sono intervallate dai racconti scritti da Robin, utilizzati come strumento per cercare di dipanare il mistero che avvolge la sua figura. Proprio in questo canto corale si manifesta la peculiare struttura del romanzo, come ho già evidenziato. 
Non consiglio la lettura di questo romanzo a quanti vogliano avvicinarsi per la prima volta a Jonathan Coe; si corre il rischio di rimanere interdetti, forse persino delusi. Sarebbe preferibile iniziare da La banda dei brocchi, oppure dal leggero e divertente Questa notte mi ha aperto gli occhi. Ciononostante, L'amore non guasta è un libro che prima o poi va affrontato, perché proprio nell'imperfezione si cela il suo punto di forza. Un po' come Robin, un po' come tutti gli altri personaggi, un po' come noi tutti.

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