Alla fine
degli anni Sessanta i Fairport Convention decisero di realizzare in Inghilterra
un’operazione che era già stata compiuta con successo oltreoceano: la
riscoperta delle origini attraverso la riedizione in chiave rock di alcuni
traditionals, brani appartenenti al repertorio folcloristico. Iniziarono
così a studiare l’immenso patrimonio anglosassone di ballads, raccolto negli
anni da studiosi come Francis Child e Cecil Sharp. L’operazione, che ebbe anche
una significativa eco commerciale, è tanto più interessante per la scelta del
gruppo di utilizzare sia gli strumenti elettrici che quelli acustici. Se si
pensa a band coeve come i Pentagle, prevalentemente acustici, si individua la
novità del suono dei Fairport, costruito sopra un continuo intrecciarsi di
fitti dialoghi tra chitarra elettrica e violino amplificato.
Il 1969 è l’anno
di svolta. Liege and Lief, però, “nasce sotto le
circostanze più infauste che si potessero immaginare”, come ricorda Joe Boyd,
produttore del gruppo. A maggio muore in un incidente stradale il batterista
Martin Lamble, gettando nello sconforto gli altri componenti, usciti illesi
dallo schianto. Lentamente, però, il gruppo riprende i progetti interrotti,
fino a pubblicare questo straordinario disco, uno dei punti più alti, se non il
più alto, del revival folk elettrico degli anni Sessanta. A confezionare il
piccolo gioiello sono Sandy Denny (voce), Ashley Hutchings (basso), Dave
Mattacks (batteria), Dave Swarbrick (violino e viola) ed i due chitarristi
Simon Nicol e Richard Thompson.
È un album dai colori pastello, nella grafica e nel suono, rifinito
e quadrato come un buon prodotto artigianale. Le tracce sono otto, anche se
nella recente riedizione della Island ne sono state aggiunte due, per la verità
del tutto trascurabili. Si alternano composizioni originali, scritte dalla band
(Come all Ye, Farewell farewell), a traditionals arrangiati in chiave moderna;
su tutti spicca Matty Groves, il capolavoro dell’album. É un’antica ballad, la cui origine si perde nella notte dei
tempi, che narra del tradimento consumato dalla moglie di un nobile con il suo
amante, di nome Matty Groves, conosciuto durante una cerimonia religiosa. La
vicenda si conclude tragicamente, con la tremenda vendetta ordita dal marito di
lei, che scopre gli amanti e li uccide. La musica si caratterizza per un ritmo
ipnotico su cui svetta la voce imperiosa di Sandy Danny. Gli altri brani sono
tutti di altissimo livello. Alcuni sembrano essere costruiti intorno alla voce
della cantante, come Reynardyne o la dolcissima Farewell farewell. Altri sono
invece il banco di prova della perizia tecnica della band; si ascolti in
proposito il Medley, con un ritmo concitato e suadente retto da un violino indiavolato.
In chiusura dell’album c’è Thin Lin, una canzone che ricorda da vicino i coevi
Jefferson Airplane, specialmente quelli più lisergici di After bathing at
Baxter’s, con Sandy Danny che sembra fare il verso a Grace Slick.
Gli
ascoltatori della radio della BBC l’hanno eletto miglior disco folk di tutti i
tempi. Al di là delle classifiche, che
lasciano il tempo che trovano, è certamente un album intenso, di ricerca e
grande perizia esecutiva, paragonabile forse soltanto a John Barleycorn must
die dei Traffic, che seguirà di un anno.
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