Qualche giorno fa ho ricevuto una gradita sorpresa: una persona che ha letto Le rovine in attesa mi ha inviato una mail, chiedendomi se è in vista la pubblicazione di un nuovo romanzo, essendo trascorsi più di cinque anni dal precedente. Dalla mia risposta è nato un interessante scambio di osservazioni, che ha tuttavia lasciato aperte diverse domande.
Partendo dal quesito del lettore, la risposta è sì, per quanto dubito possa interessare a qualcun altro. Un nuovo romanzo c'è, è quasi pronto, al netto del lavoro di rilettura e correzione che sto portando avanti da qualche mese. È un progetto ambizioso, un romanzo storico ambientato in Cilento negli anni immediatamente successivi all'unificazione nazionale. Non so dire se sia riuscito o meno, né se io sia all'altezza del compito che mi ero prefissato quando è nata l'idea. Spinto da alcune letture per me decisive – Alianello e Jovine –, ho tentato la carta del romanzo meridionale, o meglio meridionalista, ma non nel significato di “partigianeria sudista” che la parola ha assunto negli ultimi anni. Si può parlare di romanzo meridionalista perché affronta le problematiche connesse al periodo postunitario, sia pure entro la cornice di una vicenda di fantasia. Nulla di assolutamente originale, una strada già percorsa dagli autori citati. L'ambientazione è periferica, quel Cilento povero, campestre, orgoglioso e ribelle che finora non ha trovato grandi spazi nella nostra letteratura, se si eccettuano casi isolati (Noi credevamo su tutti). La trama sarà svelata a tempo debito; è sufficiente dire che è la storia di tre fratelli che fanno scelte opposte negli anni turbolenti della contrapposizione tra “briganti” e “piemontesi”. Ribadisco che non è un libro che vuole propugnare un'ideologia o un revirement della vulgata storiografica; a me interessa più il lato umano, il tema delle scelte contrapposte. In questo senso, nelle mie intenzioni il romanzo dovrebbe avere una valenza universale, che va al di là della contingenza storica. Voglio dire che la storia è ambientata in un'epoca (1863) e in un luogo (Cilento) precisi, ma il suo significato più profondo potrebbe valere per ogni momento storico in cui gli uomini si sono trovati a fare scelte estreme e radicali, spesso divisive per le stesse famiglie. La storia potrebbe essere traslata nel Nord Italia post 8 settembre 1943, oppure nel Cile del golpe Pinochet: il senso non cambierebbe.
Il mio corrispondente mi ha dunque domandato quando verrà pubblicato il romanzo. Candidamente ho ammesso di non avere una risposta neppure sul se verrà pubblicato. Per quanto lo giudichi una buona prova, sono estremamente autocritico. È un libro necessario, di cui non si può fare a meno? No! È un libro che intercetta gli umori e i desideri della nostra epoca? Men che meno. È un romanzo che cavalca le mode del momento? Neanche per idea. È un romanzo che può interessare a qualcuno? Certamente sono di più quelli che sbadiglierebbero dopo il primo capitolo. Eppure non è questo il punto. Sempre più spesso mi chiedo perché qualcuno dovrebbe leggere il mio romanzo, se a mia volta non incentivo gli scrittori cosiddetti emergenti. Lo dico senza nascondermi: non acquisto mai opere di autori emergenti, perché la mole dei grandi autori del passato è sterminata ed è arduo trovare tempo per i contemporanei, specie se sconosciuti. Purtroppo si pubblica troppo e a prezzi non competitivi. Per quale ragione dovrei acquistare a quattordici euro il romanzo di uno sconosciuto, quando i classici si trovano a meno o persino a due lire nelle librerie dell'usato? Servirebbe una diversa politica delle case editrici, sia sui prezzi che sulla selezione delle opere da pubblicare. Sono queste le riflessioni che ho fatto con il mio interlocutore, lasciando tante domande aperte e un indefinibile sapore di auto-boicottaggio.
Ciò ovviamente non significa che non tenterò la strada della pubblicazione. Scrivere un romanzo non è solo l'esigenza di far uscire una parte della propria sensibilità, né l'effimero piacere di vedere la pila di fogli ingrossarsi. È innanzitutto una fatica, un lavoro che sottrae tempo e risorse ad altre attività più piacevoli o necessarie. Pertanto, inutile nascondersi, il punto di approdo di ogni autore è lo scaffale di una libreria. Pur con tutti i dubbi e le incertezze delle mie riflessioni, ci proverò ancora una volta.
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