6 gennaio 2022

Atticus Finch, l'integrità dell'avvocato e la funzione sociale della difesa d'ufficio

Evito di recensire opere celebri per un preciso motivo: il mio commento puramente amatoriale nulla potrebbe aggiungere in termini di analisi critica. Tuttavia, se è vero che un classico è un libro che non ha mai finito di dire ciò che ha da dire, è sempre possibile coglierne una nuova sfumatura. Il buio oltre la siepe è a tutti gli effetti un classico moderno, universalmente noto anche grazie a una fortunata riduzione cinematografica. Si è detto tutto di questo libro, considerato il manifesto antirazzista per eccellenza.

La vicenda è ambientata in Alabama negli anni Trenta del secolo scorso. Viene narrata attraverso gli occhi della piccola Scout, sebbene il vero protagonista sia il padre di quest'ultima, l'avvocato Atticus Finch. Il legale è un uomo retto, intellettualmente onesto, profondamente devoto alla sua professione. E proprio l'operato professionale di Atticus ci offre un'ulteriore (e poco approfondita) chiave di lettura del libro. Quando si parla del romanzo di Harper Lee, solitamente si dibatte su temi quali la discriminazione, il razzismo, il bigottismo e la miopia culturale della provincia americana. Si dimentica però un altro punto focale: Il buio oltre la siepe è un elogio del ruolo sociale dell'avvocatura, con particolare riferimento a quella funzione essenziale – e spesso negletta specialmente dalla politica – che è la difesa d'ufficio.
La vicenda al centro del libro è nota. Atticus Finch viene incaricato della difesa d'ufficio di Tom Robinson, un uomo accusato di violenza carnale. Oltre che per il tipo di reato, il caso è particolarmente spinoso per due ragioni. In primis, per quel delitto in Alabama è prevista la pena di morte. In secondo luogo, l'imputato è di colore mentre la presunta vittima è una diciannovenne bianca. Il calvario giudiziario di Tom Robinson va di pari passo con la gogna cui è sottoposto Atticus Finch, accusato di essere un “negrofilo”, un traditore della “razza bianca” e della sua presunta superiorità. Alla fine Robinson verrà condannato, nonostante l'esistenza di ragionevoli dubbi sulla sua colpevolezza; è un'ingiustizia enorme, eppure già scritta a causa del colore della pelle dell'imputato. Atticus è consapevole di essere diventato a sua volta un bersaglio della furia razzista, ma sa di non potersi sottrarre a un caso che involge la sua coscienza. Cerca così di spiegarlo agli increduli figli.
«Quel che posso dirvi è che quando tu e Jem sarete grandi, forse ripenserete a queste cose con compassione, e capirete che non ho tradito la mia famiglia, ma che se vi ho esposto a difficoltà, è stato perché non potevo fare diversamente. Questo di Tom Robinson è un caso che tocca direttamente il vivo della coscienza di un uomo.»
Attualizzando il discorso, potremmo dire che Atticus subisce la cosiddetta “macchina del fango”, la gogna mediatica che negli ultimi dieci anni ha assunto la forma dell'indignazione da social network. L'odio si trasmette dall'imputato al suo difensore, come se quest'ultimo fosse un correo e non un garante del giusto processo. Gli abitanti di Maycomb – non tutti, ma la maggioranza – accusano Atticus di difendere il reato e non il reo, di volersi ergere a paladino dei neri, nonostante sia risaputo che questi ultimi si fanno sovente sopraffare da istinti bestiali che li inducono a commettere reati. Un pensiero barbaro, senza dubbio; ma siamo sicuri che appartenga davvero al passato? Purtroppo non è così. Basta leggere i commenti sotto un qualsivoglia fatto di cronaca che sconvolge l'opinione pubblica. Quasi sempre l'avvocato diventa un bersaglio, attaccato con maggiore veemenza per il fatto di difendere il Tom Robinson di turno. C'è una parte dell'opinione pubblica, non dissimile dai benpensanti dell'Alabama, che non comprende l'enorme differenza che c'è tra il garantire la difesa tecnica e cercare escamotage per l'impunità, tra il difendere il reo e giustificare il reato. L'avvocato non difende il delitto, offre assistenza tecnica per garantire che il processo sia equo, cardine imprescindibile del moderno Stato di diritto. Viviamo purtroppo in un'epoca in cui il ruolo sociale dell'avvocatura è appannato dalla logica distorta di chi identifica difensore e persona difesa, di quanti, digiuni di cultura giuridica, vorrebbero che i processi si facessero senza avvocati.
La lezione di Atticus è valida ancora oggi, sebbene provenga da un'altra epoca e da un ordinamento giuridico profondamente diverso dal nostro. Atticus Finch è l'emblema del legale che assume un incarico spinoso non per lucrarci o guadagnare notorietà, ma per portare avanti una battaglia di civiltà e giustizia, sebbene sia consapevole in partenza di essere destinato alla sconfitta. E purtroppo, proprio per il fatto di essere stato un elemento essenziale dell'imperfetta macchina processuale, Finch subirà un duro colpo dalla condanna di Robinson.
«A un avvocato succede almeno una volta nella sua carriera, proprio per la natura del suo lavoro, che un caso abbia una ripercussione diretta sulla sua vita.»
Bisognerebbe dunque rileggere Il buio oltre la siepe secondo quest'ottica, per ridare valenza, agli occhi dell'opinione pubblica, alla funzione sociale dell'avvocatura, che molti colpevolmente negano o dimenticano.
Gregory Peck è Atticus Finch nel film (foto tratta da Wikipedia)

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